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Diritto di sciopero negato. I disegni non tanto oscuri del Governo con la complicità dei sindacati complici

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Periodicamente i Governi, di ogni colore, tornano alla carica contro il diritto di sciopero e lo fanno con il sostegno dei sindacati cosiddetti rappresentativi desiderosi di mettere fuori gioco i sindacati di base e imporre una sorta di dittatura della rappresentanza
E' accaduto negli ultimi giorni, è stato sufficiente un pacchetto di scioperi indetto per varie vertenze a scatenare padroni, parlamentari e sindacalisti avviando un percorso che porterà ad approvare in Parlamento, con voti bipartisan, una legge restrittiva del diritto di sciopero. A farsi carico di lanciare l'offensiva contro il diritto di sciopero è stato Arrigo Giana, presidente dell’associazione delle imprese dei trasporti Agens e dg della società del Tpl milanese Atm, sulle pagine de Il Sole 24Ore.
Quello che fino ad oggi è un diritto sancito dalla Costituzione presto sarà esclusiva priorità dei sindacati cosiddetti rappresentativi e così verranno tagliati fuori sindacati di base che per quanto minoritari come iscritti riescono a far scioperare tanti lavoratori
Giana parla a nome di managers e di poteri economici e lo fa esplicitamente riferendosi alla rappresentatività come condizione necessaria a proclamare lo sciopero. Alquanto bizzarro che tra le motivazioni addotte sia il riferimento ad altri paesi europei con argomentazioni a dir poco discutibili, basta ricordare che nelle nazioni prese a modello non esistono tutti i limiti presenti in Italia per limitare lo sciopero, soprattutto nei servizi cosiddetti essenziali, in quei paesi ci sono serrate di giorni e settimane che in Italia invece determinerebbero sanzioni e l'intervento repressivo.
Siamo in presenza di un colpo di stato, è bene utilizzare questi termini che forse appariranno roboanti ed eccessivi ma ricordiamo che la soppressione dei diritti nel mondo del lavoro è sempre l'incipit dei percorsi autoritari, lo sciopero da diritto legittimo se convocato nelle forme previste dalla legge diventa una sorta di gentile concessione. E per giustificare questo obbrobrio si invocano i diritti dei cittadini, quei diritti negati con la privatizzazione del trasporto pubblico locale che ha ridotto i bus a dei colabrodo. La efficacia di uno sciopero è fondamentale per riuscita di una vertenza, ora stanno provando a imbrigliare l'esercizio dello sciopero limitandolo a forme, orari e modalità che ne impediranno sostanzialmente l'esercizio.
Altro elemento bizzarro, a dir poco, è rappresentato dalla continua ricerca di sminuire le ragioni più nobili degli scioperi come l'aumento dei salari o attaccare lo sciopero politico come quando è stato convocato per contrastare la partecipazione dell'Italia alla guerra travestita da missione umanitaria.
Oppure si entra nel merito delle motivazioni degli scioperi asserendo che una istanza contro la privatizzazione non rappresenta motivo sufficiente per aprire una vertenza o convocare degli scioperi quando ogni giorno verifichiamo sulla nostra pelle le conseguenze dei processi di liberalizzazione e privatizzazione, tra appalti spezzatino che distruggono diritti e posti di lavoro e crisi aziendali che terminano con migliaia di esuberi. Siamo arrivati al punto di giudicare leciti scioperi con alcune argomentazioni e illeciti, e quindi da proibire, scioperi con altre parole d'ordine, magari più conflittuali e non incline a compromessi. E dopo l'accordo sulla rappresentanza del Gennaio 2014, dopo avere negato il diritto di presentarsi alle elezioni Rsu nel settore privato per i sindacati non firmatari, oggi si passa ad una nuova fase che mira direttamente a mettere fuori legge i sindacati di base e conflittuali.

Federico Giusti – Pisa

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