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Dal governo 900 milioni alla popolare di Bari, il capitalismo non può più essere sostenuto dal proletariato

bari

Nella serata di Domenica 15 dicembre il governo italiano ha approvato un decreto per coprire le passività della Banca Popolare di Bari, una delle più imponenti del Sud Italia e tra le 10 maggiori banche popolari italiane. In base al decreto, le casse dello stato elargiranno ben 900 milioni di euro alla banca ma in una maniera tortuosa, passando da Invitalia, l’Agenzia nazionale del ministero dell’Economia per l’attrazione per gli investimenti e lo sviluppo d’impresa, che andrà a rimpolpare Mediocredito Centrale (una banca controllata dal ministero dell’Economia) e quest'ultima li verserà alla Banca Popolare di Bari per comprarne delle quote.

I fondi per dare respiro alla Banca verranno attinti dal fondo apposito istituito dal ministero dell’Economia destinato «alla partecipazione al capitale di banche e fondi internazionali». L’obiettivo di lungo termine dichiarato da fonti governative pentastellate, pare essere la creazione di una banca di investimento, unendo le acquisizioni fatte dal Mediocredito Centrale.
Lo stato entra quindi nel capitale della banca acquisendone quote di minoranza, il che significa che verserà quei 900 milioni pressochè a fondo perduto vista la situazione fortemente deficitaria dell’istituto e che gli utili e i profitti resteranno appannaggio dei grandi azionisti.

Una strada nuova rispetto al passato se non fosse che a pagare il conto dei disastri bancari saranno sempre i proletari. Non si capisce perché a differenza del precedente governo con l’obolo pagato a Banca Carige, il governo attuale non voglia attingere alle risorse del fondo salvabanche da 20 miliardi, (sistema di garanzia pubblico sulle banche) creato dal governo Gentiloni nel 2017 per fronteggiare in primis l’eterna crisi di Mps e la risoluzione per Banca Marche, Popolare Etruria, CariFerrara e CariChieti. I piccoli azionisti e gli obbligazionisti subordinati di queste 4 banche persero tutto anche a causa della nuova legislazione europea sul bail in, all’epoca appena recepita in Italia.

Viene da pensare che lo stanziamento di nuove risorse sia da ascrivere al timore o meglio dalla certezza che ciò che resta del Fondo salvabanche verrà utilizzato a breve, con tanti saluti al bail in e alle regole di mercato, che valgono a fasi alterne.

Sempre nel 2017 scoppiò il caso delle Popolari venete che vennero mandate in liquidazione dal governo Gentiloni. L’operazione costò allo stato oltre 4,5 miliardi e portò alla ristrutturazione completa delle banche, che poi vennero gentilmente offerte a Banca Intesa alla modica cifra di un euro. Sicuramente una delle operazioni più vergognose da parte di uno stato borghese sempre più sottomesso ai diktat del capitale ma c’è sempre tempo per far di peggio.

Bankitalia tra l’altro ha ammonito che nel caso della Popolare di Bari, “sarebbe costosissimo seguire l’iter della liquidazione. Nella fattispecie, il Fondo di tutela dei depositi dovrebbe rimborsare 4,5 miliardi ai correntisti con meno di 100mila euro sul conto. E per ipotizzare una vendita ad altre banche occorrerebbe comunque un consistente aiuto di Stato a fondo perduto, in funzione delle richieste del cessionario degli oneri di riorganizzazione e il fabbisogno di capitale”.

Ma il salvataggio pubblico (almeno sulla carta) le regole europee ormai lo consentono solo a patto che avvenga a condizioni di mercato“. Mercato che è l’unico faro per le istituzioni borghesi di Bruxelles, sull’altare del quale sacrificare le vite e i sacrifici di milioni e milioni di proletari ed oppressi. Il governo Conte tratta quindi con la Commissione europea e aspetta una risposta positiva. L’Antitrust Ue sarà chiamato a pronunciarsi nei prossimi mesi, accertando che non si siano violate “le supreme leggi di mercato”.

Venerdì scorso la Banca d’Italia (anch'essa privata con azioniste le principali banche italiane) ha deciso di commissariare il consiglio d’amministrazione della Banca Popolare di Bari a causa della cattiva gestione finanziaria e dei troppi crediti deteriorati. Da tempo la Banca era a forte rischio, tanto da aver chiuso il 2018 con perdite per 420 milioni di euro e con la forte riduzione del valore delle proprie azioni. Tra i vari problemi, pare esserci l’acquisizione nel 2014 di Banca Tercas, (una banca abruzzese in difficoltà) avvenuta dopo che lo Stato aveva già provato a ricapitalizzarla.

La procura di Bari sta svolgendo indagini sulla Banca ma in maniera fumosa come spesso accade per vicende del genere. Una di queste è stata aperta per via di una lettera della Consob, visto che la Banca non ha fornito le informazioni richieste sulla situazione relativa ai conti. Un’altra riguarda l’acquisizione di altre banche, tra cui la Tercas. Mentre Vincenzo de Bustis, attuale amministratore delegato della banca, (tristemente famoso per lo scandalo dei prodotti finanziari venduti a migliaia di risparmiatori che persero tutto, nonostante ciò ha fatto carriera passando al vertice di Monte dei paschi per poi diventare direttore generale e a dicembre 2018 consigliere delegato della Popolare di Bari ) è indagato in due diversi filoni di inchiesta sulla gestione della banca.

In un’intervista al Corriere della Sera Luigi Di Maio, (che prima di andare al governo criticava i salvataggi pubblici delle banche) ha parlato di nazionalizzazione: «Se lo Stato deve mettere soldi per salvare i conti correnti, dobbiamo fare in modo che quella banca sia nazionalizzata. Il nostro progetto è la banca pubblica degli investimenti». Peccato che l’intervento del governo che riverserà una pioggia di milioni sulla popolare di Bari, non sembra essere in controtendenza rispetto al recente passato (al di là della forma) e la tutela dei correntisti è il solito mantra dietro il quale si nasconde il classico sostegno pubblico ai grandi azionisti delle banche attraverso il quale si socializzano le perdite mentre gli utili restano nelle mani di pochissimi soggetti privati. Ciò vale a maggior ragione nel caso di parziali o temporanee nazionalizzazioni, basti pensare ai 4 miliardi gentilmente offerti dallo stato ad Mps, racimolati grazie all’istituzione di una tassa ad hoc, l’Imu sulla prima casa, ad opera del neoinsediato governo Monti.

Il Fondo interbancario per la tutela dei depositi attraverso il proprio comitato di gestione, mercoledì pomeriggio ha dato un primo via libera al piano di interventi presentato dai commissari straordinari della banca pugliese. Nei prossimi giorni è prevista una nuova riunione a Milano. Nel frattempo l’agenzia di rating Moody’s ha giudicato positivamente l’intervento del governo, il che vuol dire che al capitalismo finanziario il piano del governo italiano piace e non poco.

La vicenda della Popolare di Bari, oltre a mettere a serio rischio i posti di lavoro dei circa 3 mila dipendenti, riapre per l’ennesima volta la questione dell’insostenibilità del sistema bancario privato e dei salvataggi pubblici pagati dal proletariato, coi piccoli azionisti e i risparmiatori che oltretutto saranno fregati per l’ennesima volta dai grandi azionisti e dalle condotte spregiudicate dei loro dirigenti. Si tratta oltretutto del quinto salvataggio bancario nel giro di quattro anni. La Popolare di Bari rientra tra i primi 20 istituti finanziari operanti in Italia, ed è al tredicesimo posto per numero di sportelli. La banca ha inoltre volumi d’affari significativi, intorno al 10% sia degli impieghi sia della raccolta, in Puglia, Basilicata ed Abruzzo.

Secondo Bankitalia, alla Popolare di Bari fanno capo circa 600.000 clienti, tra cui oltre 100.000 aziende. I depositi da clientela si attesterebbero intorno agli 8 miliardi, di cui 4,5 con un ammontare unitario inferiore ai 100.000 euro e pertanto garantiti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Il numero dei soci è prossimo ai 70.000, con quote di partecipazione medie pari a 2.500 azioni, corrispondenti a 5.900 euro, stante l’ultimo prezzo rilevato sul mercato prima della recente sospensione. Le obbligazioni della banca sarebbero pari nel complesso a 300 milioni e per oltre i due terzi in mano a privati.

Un centinaio di piccoli azionisti della Banca Popolare di Bari, mercoledì hanno protestato davanti alla sede centrale dell'istituto finanziario. I risparmiatori, che a ragione si ritengono truffati, hanno sfilato in corteo. A manifestare sono stati prevalentemente i pensionati, molti dei quali hanno affidato ingenuamente i risparmi di una vita, le liquidazioni alla banca di cui erano clienti da sempre, acquistando azioni e obbligazioni e alcuni detto di averlo fatto a loro insaputa. 

"Ladri, ridateci i nostri soldi" hanno urlato davanti all'ingresso della sede centrale della banca, al termine del corteo, chiedendo ai commissari di essere ricevuti in delegazione. Si sono fermati anche davanti la sede di Bankitalia, per chiedere, megafono alla mano, "dove fossero gli organi di vigilanza, che faceva Bankitalia quando si acquisiva Tercas che era una banca colabrodo?".

Letizia Giorgianni, presidente dell'associazione 'Vittime del Salva-Banche’ ha preso la parola: "Quali saranno le sorti della banca da qui ai prossimi anni, rimane un'incognita. Quello che sappiamo è che ci sono atti, anche all'attenzione della magistratura, che parlano di ostacolo alla vigilanza. Possiamo quindi immaginare che quello che troveranno i commissari potrebbe essere più grave degli scenari che attualmente conosciamo. Attualmente sappiamo che la banca ha accumulato quasi un miliardo di euro di debiti e aspettiamo che i commissari ci dicano se la situazione è questa o addirittura peggiore".

Ha proseguito: "ll problema della vigilanza, che riteniamo sia stata inefficiente, è che si doveva intervenire prima. Il primo report ispettivo della Banca d'Italia, risalente al 2009, parlava già di irregolarità. Sono passati 9 anni nei quali la banca ha continuato ad accumulare perdite e le azioni sono passate dal valore di oltre 9 euro a 2. La politica deve rendersi responsabile di una profonda riforma del sistema bancario".

Insomma è l’ennesima vergognosa vicenda che investe il settore bancario italiano, che si dimostra ancora una volta potente strumento di oppressione e di espropriazione del capitale nei confronti delle masse lavoratrici. Un settore sempre più sull’orlo del collasso in tutto l’Occidente a causa della sua estrema finanziarizzazione, con le conseguenti e continue speculazioni e giochi coi titoli di stato, coi derivati e quant’altro. Fiumi di denaro spariscono dalle casse delle banche (con la connivenza delle istituzioni borghesi e di tutti gli pseudo organismi di controllo) ogni giorno senza sapere che fine facciano e senza che nessuno paghi realmente, tranne chi ne è vittima inconsapevole, e lì deposita i frutti dei propri sacrifici.

Gli stati e gli organismi europei da anni impongono l’austerità più nera alle masse popolari, riducendo all’osso ogni tipo di servizio e prestazione sociale, ma quando c’è da coprire le passività delle banche il quadro si capovolge. Questi sono i frutti avvelenati del capitalismo, un sistema perverso che sta portando il pianeta terra verso l’estinzione. Lottare ed organizzarsi per abbatterlo è l’unica strada che abbiamo per tutelare il nostro diritto all’esistenza.

 

Angelo Fontanella

 

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