Un evento significativo si verifica nel settembre del 1974 nella borgata romana di San Basilio. Non è la prima occupazione. La borgata romana ha una storia ventennale di lotte per la casa e per i servizi, inserite in un contesto che coinvolge parecchie borgate romane.
Viene costituito il Comitato di Lotta per la Casa di San Basilio con leader Agostino Bevilacqua, «invitato gradito», militante di Lotta continua e direttore dell’omonimo quotidiano.
La mattina del 5 settembre 1974, undici mesi dopo l’inizio dell’occupazione, arriva la polizia per effettuare lo sgombero degli alloggi occupati. Le famiglie avevano ottenuto gli allacciamenti di luce, acqua, gas e telefono e la sensazione era quella di aver acquisito il diritto all’abitazione.
La polizia si trova il portone bloccato da un gruppo di donne con i loro bambini, ma questo non li ferma. Le famiglie che occupano il nucleo più grosso degli appartamenti si riuniscono in assemblea per decidere le forme di lotta da adottare.
Il giorno seguente la polizia si presenta in forze per effettuare lo sgombero di questo secondo lotto, ma si trova davanti a una forte resistenza. La polizia circonda le case e inizia a sparare lacrimogeni anche sui balconi. A metà giornata l’operazione di sgombero viene sospesa, permettendo alle 20 famiglie espulse di rientrare nelle loro case.
Il Sunia (Sindacato unitario nazionale inquilini e assegnatari) attribuisce la responsabilità dell’accaduto ai gruppi extraparlamentari e in special modo a Lotta continua.
Il giorno seguente, sabato 7, la giornata trascorre tranquilla e iniziano le trattative con il Pretore per la sospensione degli sgomberi e il ritiro della polizia. Il Pretore dichiara di non poter prendere una decisione fino a lunedì e che quindi non sarebbe successo niente.
Invece la domenica mattina alle 7, senza nessun preavviso, mille tra poliziotti e carabinieri circondano e invadono le case iniziando le operazioni di sgombero, distruggendo e buttando dalle finestre mobili e suppellettili. La situazione degenera quando una donna, dalla finestra del suo appartamento, esplode dei colpi di fucile ferendo lievemente il Vicequestore e due agenti.
Nel pomeriggio, alle 18, la situazione si aggrava quando la polizia carica l’assemblea organizzata dal Comitato di Lotta per la casa di San Basilio nella piazza centrale della borgata. Alle 19:15 Fabrizio Ceruso, 19 anni, militante di Autonomia Operaia e del Collettivo Politico di Tivoli, città nella quale risiede con il padre, la madre, un fratello e una sorella, viene colpito da un proiettile e muore mentre viene trasportato in ospedale.
La notizia della morte di Fabrizio provoca un’esplosione di rabbia nella borgata e nella notte vengono sparati numerosi colpi di arma da fuoco contro le forze di polizia. San Basilio rimane completamente militarizzata e isolata dal resto della città. Il bilancio è di 30 agenti feriti e di un numero imprecisato di feriti tra gli occupanti, oltre alla morte di Fabrizio.
La mattina seguente l’aspetto del quartiere è spettrale. I servizi pubblici sono sospesi e l’illuminazione distrutta e le numerose richieste di sospensione dello sgombero da parte del Comitato di Lotta vengono sistematicamente respinte.
Il mercoledì mattina, con ancora 145 famiglie che continuano l’occupazione, arrivano altri 2000 poliziotti per quella che «Lotta Continua» definì la «soluzione finale»[1]. All’ultimo momento il ministro degli interni Taviani ordinò alle forze di polizia di ritirarsi, permettendo così alle famiglie di rientrare nelle proprie case.
Il questore Eugenio Testa, accorso sul luogo dopo la morte di Fabrizio, dichiarò che polizia e carabinieri non fecero uso delle armi da fuoco. La dichiarazione era basata su una perizia dalla quale risultava che nessuna arma aveva sparato. «Sembra tuttavia abbastanza problematico controllare migliaia di armi e che l’operazione si sia compiuta così celermente in quella situazione»[2]. Il responsabile dell’omicidio di Fabrizio Ceruso non venne mai individuato.
Dall’articolo apparso su «Lotta Continua» il giorno successivo all’assassinio di Fabrizio Ceruso emergono alcune considerazioni e insegnamenti:
Dopo un periodo nel quale, di fronte ai primi segni dello scontro che si apre in questo autunno, le stazioni occupate, le lotte dure dei disoccupati, dei pendolari, degli operai minacciati di licenziamento, segni di una tendenza irreversibile della lotta operaia e proletaria a realizzare nuovi più alti — livelli, a trasformarsi in scontro sociale generale, fa risposta era stata ancora incerta e diversificata, tra la repressione dura in alcuni casi e la concessione di parziali vittorie in altri, la decisione di attaccare militarmente il quartiere di S. Basilio, che non era una situazione di lotta vistosa rivela tutto il suo carattere inequivocabile di scelta politica generale e programmata.
Di andare incontro a una strage, non poteva non essere previsto e preventivato. Quello che non è stato previsto è la possibilità che la violenza assassina delle truppe di polizia trovasse una capacità proletaria di rispondere sullo stesso terreno.
[…] Si è tentato infine di dare una parvenza di legalità all’uso della forza bruta, costruendo quell’altra invenzione degli assegnatari «legali “, in nome dei quali il questore di Roma ha giustificato il suo diritto a uccidere.
Ma questi assegnatari non ci sono mai stati (all’atto dell’occupazione su 26 assegnatari 21 avevano rifiutato gli appartamenti preferendo stabilirsi in un altro quartiere), e ogni tentativo successivo dello IACP di usare proletari contro proletari è stato respinto e sconfitto dagli occupanti e dagli assegnatari stessi. E chi dopo quanto è avvenuto a San Basilio si ostina ad accampare questa miserabile legittimazione, a cominciare dal PSI e dal PCI, si assume la tremenda responsabilità di contrapporre agli interessi del proletariato, alla sua unità, la miope, settaria difesa dei propri interessi di cogestione corporativa nell’amministrazione del mercato edilizio […]
Una responsabilità gravissima, a cui guarda non solo la classe operaia e il proletariato. romano, ma /‘intero movimento di classe, che nel feroce attacco dello stato alle 150 famiglie di S. Basilio e nel braccio di ferro che la risposta proletaria ha imposto al proprio nemico riconosce i termini più generali, il livello e la portata di uno scontro che si è ormai definito senza possibilità di equivoco, e da qui parte.[3]
Nonostante questi insegnamenti, la solidarietà e l’organizzazione sociale che avevano caratterizzato il quartiere negli anni del boom economico e della crescita della borgata, iniziò a disgregarsi lentamente.
Questi avvenimenti che senza mezzi termini vengono ricordati dagli abitanti del quartiere con il termine ‘guerra’ rappresentano un punto di svolta nella storia del quartiere. La risposta delle istituzioni alle occupazioni aveva palesato in modo più che evidente che non vi erano più margini d’azione per il movimento di lotta per la casa. Inizia così per il quartiere la fine del ciclo di lotte che aveva per decenni cercato di sollevare il destino di centinaia di migliaia di borgatari relegati nei luoghi della marginalità all’estrema periferia della città di Roma.[4]
Conferma che troviamo anche nel saggio di Massimo Sestili Sotto un cielo di piombo, in cui l’autore sottolinea il tragico epilogo della battaglia di San Basilio:
Il rapimento Moro e l’unità nazionale presto avrebbero sconfitto le ultime residue speranze di un movimento di lotta che era cresciuto con tenacia e costanza, perché dall’iniziale richiesta di un alloggio dignitoso e del risanamento delle borgate, aveva dato corpo a istanze ancora più avanzate sul piano politico e sociale, assorbendo al suo interno le lotte per il lavoro, la scuola, i trasporti, la sanità. In altre parole, pur se tra innumerevoli contraddizioni e divisioni, il movimento aveva saputo coniugare la lotta per un diritto primario come la casa, con la richiesta di un modello di sviluppo alternativo, connotandosi come la punta più avanzata di una domanda di trasformazione della società. La fine del ciclo di queste lotte, per i proletari di San Basilio, ha significato soprattutto la fuga dall’impegno politico e l’arrivo, devastante, nel quartiere della droga. La solidarietà e l’impegno che i sanbasiliani avevano saputo esprimere negli anni si sono dissolti, e chi ha potuto è scappato e si è ricostruito una vita altrove, lontano dalla borgata.[5]
Nel 2014 Blu, definito dal Guardian[6] uno dei migliori street artist del mondo, realizza un murales dedicato a Fabrizio Ceruso. Nel murales il santo si trasforma in un paladino per il diritto alla casa: con una mano blocca i poliziotti accorsi a sgomberare le case e contemporaneamente trasforma alcuni agenti in pecore e maiali, mentre con l’altra, impugnando una cesoia, rompe un lucchetto. Il murales viene però parzialmente censurato dal Comune, coprendo con vernice bianca la parte riguardante le forze dell’ordine. La reazione degli abitanti è immediata e la scritta “censurato” viene aggiunta sulla parte bianca. Un gesto che evidenzia come a San Basilio i muri siano un mezzo di espressione e resistenza.
Parte del murales censurata [dal sito blublu.org/b/2014/09/20/san-basilio]
«…quindi, il compitino di oggi è questo: come raccontare la storia di Fabrizio Ceruso e della battaglia di San Basilio in modo “politicamente corretto”? potete inviare le vostre idee al seguente indirizzo:
(non sono graditi: misticismi, miracoli, suini, ovini e possibili riferimenti Orwelliani)»
«il muro è stato completato, qualcuno ha gridato allo scandalo, le istituzioni si sono indignate, i giornali hanno scritto, i politici si sono espressi, i censori sono intervenuti». [Blu]
Il murales censurato [asfalto.archphoto.it/street-art-e-memorials-per-chi-e-morto-in-strada]
- S. BASILIO — I proletari uniti rifiutano di vendere la lotta. La polizia abbandona il quartiere!, «Lotta Continua», 12 settembre 1974 ↑
- Massimo Sestili, Sotto un cielo di piombo. Le lotte per la casa in una borgata di Roma, san Basilio, settembre 1974, «Historia Magistra», 1/2009, p.75 ↑
- Una prova generale, «Lotta Continua», 10 settembre 1974 ↑
- Gian-Giacomo Fusco, Ai margini di Roma capitale, Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2013, p. 124–125 ↑
- Massimo Sestili, op. cit., p.81 ↑
- The 10 best street art works — in pictures, <https://www.theguardian.com/culture/gallery/2011/aug/07/art> ↑
[Paragrafo, non definitivo, di un libro di prossima pubblicazione]