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lunedì, 30 Giugno 2025

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Marco Rossi, Livorno antimilitarista, Cronache dell’opposizione alla guerra, 1911–1919

Ghez­za­no, Bfs, 2025, pp. 192, € 19.00.

Mar­co Ros­si, tra i mag­gio­ri stu­dio­si ed auto­ri per la sto­ria liber­ta­ria e di insu­bor­di­na­zio­ne in Ita­lia, ha nel­la sua cifra la disa­mi­na del nes­so com­bat­ten­ti­smo – sov­ver­si­vi­smo, venu­to in esse­re con gli scon­vol­gi­men­ti socia­li e poli­ti­ci del Pri­mo dopo­guer­ra. Sul pia­no nazio­na­le ed anche inter­na­zio­na­le ma sem­pre con un occhio di riguar­do per le vicen­de del­la, per mol­te ragio­ni signi­fi­ca­ti­va, real­tà di Livor­no.

In que­sto caso, l’Autore com­pie una sor­ta di pas­so indie­tro, attra­ver­so l’analisi del prin­ci­pio di quel bre­ve inter­lu­dio tra l’Italia com’era pri­ma e quel­la che sareb­be sta­ta poi, con la Guer­ra euro­pea, in segui­to det­ta Gran­de guer­ra e Pri­ma guer­ra mon­dia­le.

Il tema cen­tra­le del­la mono­gra­fia è come affron­ta il movi­men­to ope­ra­io l’entrata dell’Italia in guer­ra e qua­li sia­no i diver­si com­por­ta­men­ti e misu­re adot­ta­ti duran­te le svol­gi­men­to del con­flit­to.

Non è di per sé una trat­ta­zio­ne teo­ri­ca ed astrat­ta del dibat­ti­to interventismo/ neu­tra­li­smo, pur ine­vi­ta­bil­men­te pre­sen­te, ma una resti­tu­zio­ne del­le sue rica­du­te nel­la vita con­cre­ta di don­ne e di uomi­ni che face­va­no capo alle orga­niz­za­zio­ni di clas­se e che, come la stra­gran­de mag­gio­ran­za del­la popo­la­zio­ne, que­sta guer­ra per­lo­più non la vole­va­no.

C’è, a riguar­do, una par­te intro­dut­ti­va dal valo­re pro­pe­deu­ti­co sul­le guer­re colo­nia­li d’Africa che ave­va­no segna­to il nostro perio­do postu­ni­ta­rio con in nuce le posi­zio­ni e le con­trad­di­zio­ni che avreb­be­ro carat­te­riz­za­to l’ingresso nel­la Gran­de guer­ra: la Disfat­ta di Adua (1896) e la Guer­ra ita­lo – tur­ca di Libia (1911–12).

La ricer­ca pog­gia su una con­si­sten­te biblio­gra­fia, sul­la docu­men­ta­zio­ne d’archivio: gli archi­vi di Sta­to e l’immancabile Casel­la­rio poli­ti­co cen­tra­le, per segui­re le trac­ce del­le per­so­na­li­tà men­zio­na­te, e sul­le fon­ti a stam­pa dell’epoca. A Livor­no, la radi­ca­ta pre­sen­za del­la com­pa­gi­ne sov­ver­si­va, e la rela­ti­va mas­sic­cia dif­fu­sio­ne dei suoi orga­ni di stam­pa, ha fat­to sì che i perio­di­ci del­le for­ze pro­le­ta­rie giun­ges­se­ro a noi in nume­ro sod­di­sfa­cen­te. L’analoga stam­pa loca­le ante­guer­ra del­le altre zone del Pae­se è in lar­ga par­te anda­ta per­sa, prin­ci­pal­men­te nei roghi del­lo squa­dri­smo fasci­sta o, comun­que, per via dell’assalto del tem­po. Per cui, oltre alle car­te d’archivio, biso­gna spes­so far ricor­so alle, comun­que uti­lis­si­me, cro­na­che di par­te avver­sa, inve­ce con­ser­va­te dal Regi­me fasci­sta.

Che cosa si dedu­ce dal­la let­tu­ra di que­sto volu­me? Attra­ver­so la len­te dei tra­scor­si labro­ni­ci, emer­ge in tut­ta evi­den­za come l’interventismo fos­se un’espressione eli­ta­ria, tra­sver­sa­le alle cul­tu­re poli­ti­che: uno di quei feno­me­ni, come soven­te capi­ta, estre­ma­men­te mino­ri­ta­ri di una socie­tà che fini­sco­no per pren­de­re il soprav­ven­to in tem­pi sor­pren­den­te­men­te bre­vi. A Livor­no l’interventismo di piaz­za è espres­sio­ne dei cir­co­li bor­ghe­si. La clas­se ope­ra­ia ne è, per indo­le e tra­di­zio­ne, sostan­zial­men­te estra­nea. I socia­li­sti, che ne sono poli­ti­ca­men­te i prin­ci­pa­li rap­pre­sen­tan­ti, si cul­la­no nell’illusione, tan­to per cam­bia­re, che sia gra­zie a loro se l’Italia si attar­da ad entra­re in guer­ra e, da con­sue­tu­di­ne, resta­no lì, in balìa degli even­ti, aldi­là dell’impegno dei sin­go­li. Inve­ce, negli ambien­ti repub­bli­ca­ni e, in manie­ra mino­re, in quel­li anar­chi­ci si fa lar­go l’ipotesi di par­te­ci­pa­zio­ne all’agone bel­li­co in nome del­la liber­tà dei popo­li oppres­si dagli impe­ri cen­tra­li, nel­la con­vin­zio­ne che il pro­le­ta­ria­to deb­ba comun­que esse­re par­te­ci­pe agli scon­vol­gi­men­ti sto­ri­ci per trar­ne van­tag­gio e, non si sa mai, rica­var­ne pure una rivo­lu­zio­ne socia­le. È lo spi­ri­to dell’interventismo di sini­stra, quel­lo non nazio­na­li­sta, le cui ori­gi­ni si pos­so­no rin­trac­cia­re nel volon­ta­ri­smo gari­bal­di­no e nel Risor­gi­men­to demo­cra­ti­co, quel­lo dei cosid­det­ti pre­cur­so­ri, i gio­va­ni par­ti­ti volon­ta­ri per la Ser­bia e la Fran­cia quan­do Mus­so­li­ni era anco­ra neu­tra­li­sta. Uno spi­ri­to che si sareb­be infran­to sull’immane tra­ge­dia del Fron­te e sull’assenza di sboc­chi rivo­lu­zio­na­ri, alme­no in Ita­lia. Cio­no­no­stan­te, tra gli inter­ven­ti­sti non tut­ti avreb­be­ro abban­do­na­to i pro­po­si­ti rivo­lu­zio­na­ri, anzi. Lo si sareb­be visto di ritor­no dal Fron­te, a Livor­no come altro­ve, quan­do ai Com­bat­ten­ti di guer­ra sareb­be spes­so spet­ta­ta la gui­da del­le bat­ta­glie socia­li e poli­ti­che del­la clas­se lavo­ra­tri­ce, con­ta­di­na ed ope­ra­ia. Lo si sareb­be visto dian­zi alla vio­len­za filo­pa­dro­na­le e quin­di anti­o­pe­ra­ia del movi­men­to fasci­sta, quan­do l’idea d’una effi­ca­ce con­trap­po­si­zio­ne ad esso sul cam­po matu­rò pro­prio in seno al com­bat­ten­ti­smo e all’arditismo. Il fasci­smo ha infat­ti avu­to dif­fi­col­tà a radi­car­si lad­do­ve non era riu­sci­to a mono­po­liz­za­re l’associazionismo com­bat­ten­ti­sti­co e gli espo­nen­ti dell’interventismo. Gli Ardi­ti del popo­lo, d’indubbia matri­ce trin­ce­ri­sta, avreb­be­ro infi­ne tro­va­to ade­sio­ni ed appog­gi anche tra le per­so­na­li­tà e le cul­tu­re già d’espressione neu­tra­li­sta. La lot­ta mili­tan­te con­tro i Fasci avreb­be gio­co­for­za rac­col­to assie­me l’eredità com­ples­sa del cosid­det­to dician­no­vi­smo — e nel 1919 si fer­ma indi­ca­ti­va­men­te la rico­stru­zio­ne fat­ta nel sag­gio -, e del­le bat­ta­glie con­tro la guer­ra del 1917, pre­am­bo­lo di ciò che sareb­be avve­nu­to nel Bien­nio ros­so, una vol­ta cer­to rime­sco­la­te le car­te in tavo­la con il rien­tro dal Fron­te.

La rico­stru­zio­ne com­piu­ta dall’Autore ci tra­smet­te tut­to lo spi­ri­to del tem­po, del­la Livor­no e del cir­con­da­rio nel perio­do in ogget­to, con i luo­ghi, i fat­ti e le per­so­ne. Ele­men­ti che pos­so­no far risco­pri­re il sen­so di appar­te­nen­za ad un comu­ni­tà, ben oltre l’erudizione loca­li­sti­ca.

Sil­vio Anto­ni­ni

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