Marco Rossi, Morire non si può in aprile, L’Assassinio di Teresa Galli e l’assalto fascista all’Avanti!, Milano, 15 aprile 1919

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Mar­co Ros­si, Mori­re non si può in apri­le, L’Assassinio di Tere­sa Gal­li e l’assalto fasci­sta all’Avanti!, Mila­no, 15 apri­le 1919

Mila­no, Zero in con­dot­ta, 2022, I ed. 2019, pp. 175, € 10.00.

Ter­mi­na­to di leg­ge­re pro­prio a ridos­so del 104° anni­ver­sa­rio del­la gior­na­ta su cui il volu­met­to, qui alla ter­za edi­zio­ne, si con­cen­tra. Un lavo­ro pre­zio­so per­ché riguar­da det­ta­glia­ta­men­te un avve­ni­men­to cro­ce­via per l’Italia con­tem­po­ra­nea, quel­lo pas­sa­to alla sto­ria come l’assalto alla Reda­zio­ne mila­ne­se de “l’Avanti”. L’autore è Mar­co Ros­si, tra i prin­ci­pa­li stu­dio­si in Ita­lia del nes­so tra com­bat­ten­ti­smo di guer­ra e sov­ver­si­vi­smo, san­ci­to dal­la sua ope­ra più cono­sciu­ta a livel­lo nazio­na­le che è, appun­to, Ardi­ti, non gen­dar­mi!

 L’avvenimento è qui, va da sé, inqua­dra­to nel­le gior­na­te mila­ne­si e nel cli­ma dell’immediato Pri­mo dopo­guer­ra in cui ebbe a veri­fi­car­si. Per­ché non si è trat­ta­to, sic et sim­pli­ci­ter, d’un mero ed estem­po­ra­neo raid con­tro il quo­ti­dia­no del Par­ti­to socia­li­sta ma del­la pro­va gene­ra­le, del col­lau­do di quel­la Guer­ra di movi­men­to, di quel­la Con­tro­ri­vo­lu­zio­ne pre­ven­ti­va che avreb­be attra­ver­sa­to il Pae­se scen­den­do man mano ver­so il Sud con l’obiettivo, con­se­gui­to, di con­qui­star­lo.

In quel­le gior­na­te a Mila­no si sta assi­sten­do ad una mobi­li­ta­zio­ne gene­ra­le del­le for­ze pro­le­ta­rie. In tut­ta rispo­sta si va a con­trap­por­si ad esse quel coa­cer­vo, quel mag­ma non anco­ra ben distin­to, di inter­ven­ti­smo di guer­ra, ardi­ti­smo di trin­cea, nazio­na­li­smo e futu­ri­smo, che qui deci­de di pas­sa­re uffi­cial­men­te alle vie di fat­to. Lo sco­po è quel­lo di disper­de­re le mobi­li­ta­zio­ni “spar­ta­chi­ste” armi in pugno: sono quei sol­da­ti smo­bi­li­ta­ti, que­gli stu­den­ti e gio­va­ni del­la buo­na bor­ghe­sia che nel pre­sup­po­sto, tan­to infon­da­to quan­to decla­ma­to, che le for­ze dell’ordine non ne sia­no all’altezza, si fan­no loro stes­si, appun­to, gen­dar­mi. Dal­la loro, la sim­pa­tia dei ceti medi e di quan­ti temes­se­ro uno scon­vol­gi­men­to rivo­lu­zio­na­rio capa­ce di far per­de­re loro pri­vi­le­gi, anche seco­la­ri. Dall’altra par­te del­la bar­ri­ca­ta, il popo­lo dei quar­tie­ri ope­rai mila­ne­si, quell’umanità che si sta bat­ten­do tena­ce­men­te ma che, poli­ti­ca­men­te, è aggrap­pa­ta ad un gigan­te dai pie­di d’argilla, cioè il Par­ti­to socia­li­sta e le strut­tu­re eco­no­mi­che, sin­da­ca­li e socia­li ad esso con­ti­gue. Orga­ni­smi a paro­le, det­te e scrit­te, fau­to­ri del­la Rivo­lu­zio­ne soviet­ti­sta, nei fat­ti inca­pa­ci di for­ni­re ed ado­pe­ra­re gli stru­men­ti neces­sa­ri per­ciò e, come si sareb­be ben visto poco dopo, anche per la dife­sa dal­la vio­len­za rea­zio­na­ria.

In quel 15 apri­le, l’aggressione nazio­na­li­sta ai cor­tei ed ai comi­zi ope­rai stron­ca la vita di tre per­so­ne: Pie­tro Bogni, 18 anni, Giu­sep­pe Luc­cio­ni, 16 anni, e Tere­sa Gal­li, 19 anni. La Gal­li, ope­ra­ia cuci­tri­ce, è la pri­ma a mori­re con la nuca fora­ta da un pro­iet­ti­le, ed è per­ciò la pri­ma vit­ti­ma in Ita­lia del­la Guer­ra di movi­men­to. Sul­la sua memo­ria si sof­fer­ma il libro, con il pri­mo pia­no in coper­ti­na ed un inser­to sul quar­tie­re d’appartenenza, la Bovi­sa, a cura di Ales­san­dro Pel­le­gat­ta.

A con­clu­sio­ne del­la gior­na­ta, il fat­to che l’ha con­se­gna­ta alla sto­ria, cioè l’assalto alla Reda­zio­ne de “l’Avanti”, reso pos­si­bi­le dall’atteggiamento del­le for­ze dell’ordine che, di fat­to, l’avevano lascia­ta sguar­ni­ta. I nazio­na­li­sti si arram­pi­ca­no sui bal­co­ni, fan­no quin­di irru­zio­ne nei loca­li, per­cuo­to­no quan­ti si tro­va­va­no all’interno, distrug­go­no gli stru­men­ti tipo­gra­fi­ci, get­ta­no dal­le fine­stre sup­pel­let­ti­li e mobi­lia e appic­ca­no il fuo­co. Nell’azione è cadu­to un mili­ta­re, Mar­ti­no Spe­ro­ni, col­pi­to da un pro­iet­ti­le nei parag­gi del­la Reda­zio­ne, par­ti­to da dove non si sa ma il mili­te è imme­dia­ta­men­te anno­ve­ra­to tra le vit­ti­me dei ros­si.

L’assalto ha l’encomio del Gover­no: il Mini­stro del­la guer­ra, Con­so­le Enri­co Cavi­glia, si con­vin­ce sem­pre di più che gli Ardi­ti pos­sa­no esse­re adi­bi­ti a guar­die bian­che con­tro il movi­men­to ope­ra­io. Tra gli appro­van­ti anche Alce­ste De Ambris, che inter­ve­ni­va al comi­zio nazio­na­li­sta, poi atte­sta­to­si su posi­zio­ni anti­fa­sci­ste, e Pie­tro Nen­ni, che in un edi­to­ria­le per “Il Gior­na­le del mat­ti­no”, in quei fran­gen­ti espres­sio­ne del­la mas­so­ne­ria bolo­gne­se, plau­di­va al fat­to.

Il libro si ser­ve del­la docu­men­ta­zio­ne d’archivio, segna­ta­men­te di quel­la pre­fet­ti­zia, e del­le fon­ti a stam­pa in rela­zio­ne ai perio­di­ci dell’epoca. Lar­go spa­zio è, indi­ca­ti­va­men­te, dato alla memo­ria­li­sti­ca di tut­te le par­ti coin­vol­te (gusto­sa quel­la anar­chi­ca). I fasci­sti, come si evin­ce qui dai ricor­di di Fer­ruc­cio Vec­chi, rie­vo­che­ran­no bal­dan­zo­sa­men­te l’episodio ridi­co­liz­zan­do­ne gli scon­fit­ti. Come è noto, i Fasci ita­lia­ni di com­bat­ti­men­to, nati da una ven­ti­na di gior­ni appe­na, sen­za aver anco­ra nean­che pub­bli­ca­to il pro­gram­ma, non ave­va­no le for­ze per orga­niz­za­re l’offensiva anti­o­pe­ra­ia, da cui rima­se­ro sostan­zial­men­te estra­nei. Mus­so­li­ni, per l’occasione, tan­to per cam­bia­re, ave­va fat­to Mus­so­li­ni: si era tenu­to lon­ta­no dal­la mischia, rin­ta­na­to nel­la Reda­zio­ne de “Il Popo­lo d’Italia”, sal­vo riven­di­ca­re con­ti­nui­tà ed appog­gi a suc­ces­so avve­nu­to. La man­can­za di corag­gio com­pen­sa­ta da un inne­ga­bi­le fiu­to poli­ti­co: il futu­ro duce ave­va intui­to che quel mag­ma anco­ra indi­stin­to si sareb­be pla­sma­to nel­la mili­zia uti­le a garan­ti­re i suoi pro­po­si­ti.

C’è però for­se un osta­co­lo, desti­na­to di lì ad un paio d’anni a rin­fac­ciar­si e qui solo segna­la­to: dal­le car­te di poli­zia si fa pre­sen­te che in quel 15 apri­le le mostri­ne degli Ardi­ti di guer­ra han­no scin­til­la­to anche alla testa del­le mobi­li­ta­zio­ni ope­ra­ie.

Sil­vio Anto­ni­ni

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