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sabato, 21 Dicembre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Milei, il Che Guevara al contrario.

La pre­sen­za in Ita­lia del pre­si­den­te argen­ti­no Javier Milei alla festa di Fra­tel­li d’Italia, dove ha rac­col­to un con­sen­so entu­sia­sta da par­te dei par­te­ci­pan­ti, ha for­se con­sen­ti­to di por­re un ulte­rio­re tas­sel­lo nel­la com­pren­sio­ne del­le diver­se figu­re poli­ti­che che gover­na­no la lun­ga “con­tro­ri­vo­lu­zio­ne” capi­ta­li­sta. For­se non è sem­pli­ce e nem­me­no uti­le inse­ri­re que­sto per­so­nag­gio in una cate­go­ria poli­ti­ca: estre­mi­sta di destra, espres­sio­ne di un dar­wi­ni­smo puro, ultra­li­be­ri­sta? Lui si defi­ni­sce “anar­co-capi­ta­li­sta”. È un ossi­mo­ro non c’è ovvia­men­te nul­la di “anar­chi­co”, poli­ti­ca­men­te par­lan­do, nel suo pro­get­to poli­ti­co. Nel­la cam­pa­gna elet­to­ra­le del 2023 si pre­sen­ta­va con una moto­se­ga come sim­bo­lo del­la volon­tà di abbat­te­re atti­vi­tà e com­pe­ten­ze del­lo Sta­to, infat­ti lui sostie­ne di “odia­re lo sta­to” e di esse­re per la mas­si­ma dere­go­la­men­ta­zio­ne (la fami­ge­ra­ta dere­gu­la­tion). In real­tà il pro­get­to non è nuo­vo, si basa sull’idea di “sca­te­na­re gli istin­ti sel­vag­gi del Capi­ta­le”, di lascia­re il mas­si­mo di liber­tà alla “mano invi­si­bi­le del mer­ca­to” con la con­vin­zio­ne, pret­ta­men­te ideo­lo­gi­ca e mai veri­fi­ca­ta, che in que­sto modo spon­ta­nea­men­te si con­dur­reb­be l’economia a risul­ta­ti otti­ma­li per tut­ti. In que­sto pri­mo anno di gover­no in real­tà ha raf­for­za­to enor­me­men­te lo Sta­to di poli­zia, otte­nen­do anche risul­ta­ti macroe­co­no­mi­ci mol­to apprez­za­ti dai gran­di media main­stream. Nei com­men­ti di que­sti gior­ni, anche in quel­li cri­ti­ci, si tace, for­se inten­zio­nal­men­te, for­se per sem­pli­ce igno­ran­za, il fat­to che il neo­li­be­ri­smo nasce come espe­ri­men­to eco­no­mi­co-socia­le pri­ma nel Cile di Pino­chet, poi nel­la dit­ta­tu­ra argen­ti­na di Vide­la (ammi­ra­ta da Milei). I cosid­det­ti “Chi­ca­go boys” con­su­len­ti del dit­ta­to­re Pino­chet indi­riz­za­ro­no le poli­ti­che eco­no­mi­che ver­so la com­ple­ta libe­ra­liz­za­zio­ne eco­no­mi­ca. Il pre­mio Nobel Amar­tya Sen, ha soste­nu­to che le poli­ti­che di que­sti stu­den­ti, che si era­no for­ma­ti all’Università di Chi­ca­go, era­no inten­zio­nal­men­te inte­se a ser­vi­re gli inte­res­si del­le socie­tà sta­tu­ni­ten­si a spe­se del­le popo­la­zio­ni lati­noa­me­ri­ca­ne.
Con la tra­du­zio­ne di que­sto arti­co­lo, che trac­cia un sin­te­ti­co bilan­cio del pri­mo anno del gover­no Milei, ini­zia­mo a for­ni­re alcu­ni con­tri­bu­ti sul­la situa­zio­ne poli­ti­ca odier­na in Ame­ri­ca.

 

Javier Milei e la sua guer­ra con­tro “quel­li di sot­to”

Di Darío Aran­da | 16/12/2024

Disprez­zo per chi sta in bas­so e osse­quio­si­tà nel ser­vi­re chi sta in alto: que­sto il rias­sun­to del­l’an­no di pre­si­den­za di Javier Milei. La radi­ce del pro­ble­ma è a chi rispon­de, per chi gover­na. Con la com­pli­ci­tà di ampi set­to­ri poli­ti­ci e giu­di­zia­ri, ha attac­ca­to le popo­la­zio­ni indi­ge­ne. Cer­ca di appro­fon­di­re un model­lo eco­no­mi­co e socia­le che garan­ti­sca la dipen­den­za, la pover­tà e la vio­la­zio­ne dei dirit­ti. Più estrat­ti­vi­smo e meno demo­cra­zia.

Quan­do la real­tà vie­ne alte­ra­ta in modo estre­mo, diven­ta neces­sa­rio cer­ca­re altre cate­go­rie di ana­li­si con cui pen­sa­re, quin­di agi­re e tra­sfor­ma­re la real­tà. Con il tas­so di pover­tà al 50%, con un milio­ne di bam­bi­ni sen­za cena ogni sera,  con la rimo­zio­ne del­le medi­ci­ne ai pen­sio­na­ti e una poli­ti­ca che, con com­pli­ci­tà giu­di­zia­ria, deva­sta i ter­ri­to­ri, non basta dire che si trat­ta solo di un model­lo eco­no­mi­co. Un’al­tra cate­go­ria pos­si­bi­le per pen­sa­re alla real­tà è che: “ci han­no dichia­ra­to guer­ra”, come han­no spie­ga­to in nume­ro­se occa­sio­ni gli zapa­ti­sti, rife­ren­do­si alle poli­ti­che eco­no­mi­che, socia­li e repres­si­ve che subi­sco­no.

Il 10 dicem­bre, in occa­sio­ne del­la Gior­na­ta inter­na­zio­na­le dei dirit­ti uma­ni, e anni­ver­sa­rio del ritor­no alla demo­cra­zia in Argen­ti­na—, il pre­si­den­te Javier Milei ha deci­so, per decre­to, di por­re fine alla leg­ge nazio­na­le 26.160 che pro­teg­ge­va i dirit­ti dei popo­li indi­ge­ni. Un altro esem­pio del disprez­zo per colo­ro che stan­no in bas­so e la sua coe­ren­za nel ser­vi­re colo­ro che stan­no in alto. Ma Milei non è il pro­ble­ma più gran­de, ma a chi rispon­de e per chi gover­na.

A Chu­but, il lon­ko (capo mapu­che) Mau­ro Mil­lán ana­liz­za l’ul­ti­mo assal­to di Milei e rias­su­me: “La nostra lot­ta è per l’e­si­sten­za dei popo­li”. Nel­la stes­sa Pata­go­nia, negli ulti­mi anni sono avve­nu­ti tre omi­ci­di nel­la lot­ta per i ter­ri­to­ri: Rafael NahuelSan­tia­go Mal­do­na­do e Elías Garay Cañi­col. I pri­mi due duran­te il man­da­to di Patri­cia Bull­rich a capo del Mini­ste­ro del­la Sicu­rez­za di Mau­ri­cio Macri. La stes­sa posi­zio­ne con cui è sta­ta pre­mia­ta da Milei.

Da anni a Cata­mar­ca e San Juan si denun­cia la “dit­ta­tu­ra mine­ra­ria”, dove le assem­blee denun­cia­no con chia­ri esem­pi come le mul­ti­na­zio­na­li estrat­ti­ve gesti­sca­no a pia­ci­men­to gover­na­to­ri, legi­sla­to­ri e magi­stra­tu­ra.

A colo­ro che vivo­no in cit­tà e colo­ro che non esco­no dal­la real­po­li­tik (cioè con più prag­ma­ti­smo che coe­ren­za ideo­lo­gi­ca) sem­bra esa­ge­ra­to par­la­re di “dit­ta­tu­re mine­ra­rie” e di “guer­re” per la vita. For­se qual­che gior­no ad Andal­ga­lá, Sali­nas Gran­des (epi­cen­tro del dispu­ta sul litio), Las Lomi­tas (For­mo­sa), Ari­stó­bu­lo del Val­le (Misio­nes) o Las Laji­tas (Sal­ta) fareb­be loro cam­bia­re idea. Sono posti dove il pote­re eco­no­mi­co fa quel­lo che vuo­le, con com­pli­ci­tà tota­le del pote­re poli­ti­co e giu­di­zia­rio.

“Duran­te il colo­nia­li­smo c’e­ra una distri­bu­zio­ne del­le regio­ni e del­la ric­chez­za. Il capi­ta­li­smo di oggi sta ricon­fi­gu­ran­do anco­ra una vol­ta la map­pa del­l’A­me­ri­ca, c’è una nuo­va distri­bu­zio­ne per inte­res­si eco­no­mi­ci, le mul­ti­na­zio­na­li legi­fe­ra­no per i nostri legi­sla­to­ri, che ser­vo­no atti­va­men­te gli inte­res­si di que­ste azien­de”, ha rias­sun­to accu­ra­ta­men­te Mar­cos Pastra­na, non­no di Dia­gui­ta di Tafí del Val­le (Tucu­mán).

L’at­tac­co ai bam­bi­ni, ai non­ni, alle per­so­ne con disa­bi­li­tà, ai lavo­ra­to­ri del­l’e­co­no­mia socia­le e alle don­ne – per cita­re solo cin­que set­to­ri – è dram­ma­ti­co.

Come negli anni del­la dit­ta­tu­ra, gli allar­mi arri­va­no dal­l’e­ste­ro. Il 4 dicem­bre, la Com­mis­sio­ne Inte­ra­me­ri­ca­na per i Dirit­ti Uma­ni (IACHR) ha espres­so la sua pre­oc­cu­pa­zio­ne per “le deci­sio­ni ammi­ni­stra­ti­ve del­l’Ar­gen­ti­na che potreb­be­ro influen­za­re la pro­te­zio­ne dei dirit­ti dei popo­li indi­ge­ni alle ter­re, ai ter­ri­to­ri e alle risor­se natu­ra­li e il loro eser­ci­zio del dirit­to all’au­to­de­ter­mi­na­zio­ne”. Ha esor­ta­to lo Sta­to a “rispet­ta­re i suoi dove­ri inter­na­zio­na­li in ter­mi­ni di dirit­ti” dei popo­li indi­ge­ni, in par­ti­co­la­re quel­li rela­ti­vi alla ter­ra. E spe­ci­fi­ca che il con­te­sto del­l’Ar­gen­ti­na è quel­lo di “bat­tu­te d’ar­re­sto nel rico­no­sci­men­to dei ter­ri­to­ri indi­ge­ni e sfrat­ti for­za­ti di comu­ni­tà in pro­vin­ce come Jujuy, Río e Chu­but”.

Il Movi­men­to Nazio­na­le Con­ta­di­no Sia­mo Ter­ra (MNCI-ST) ha rias­sun­to: “Un anno di attac­chi all’a­gri­col­tu­ra fami­lia­re, con­ta­di­na e indi­ge­na. Cibo più costo­so e più fame”. E han­no sot­to­li­nea­to:

    • Cri­si ali­men­ta­re sen­za pre­ce­den­ti nel­la nostra sto­ria recen­te.
    • 140% di aumen­to dei prez­zi dei pro­dot­ti ali­men­ta­ri.
    • Il 12% del­la popo­la­zio­ne sof­fre la fame.
    • Il 25% del­la popo­la­zio­ne sof­fre di insi­cu­rez­za ali­men­ta­re.
    • Il con­su­mo inter­no di car­ne bovi­na è il più bas­so degli ulti­mi 28 anni (11% in meno rispet­to al 2023).

Anche il gior­na­li­smo non dipen­den­te, che decen­ni fa fun­ge­va da con­trap­pe­so, non se la pas­sa bene. “Cen­su­ra, vio­len­za, pre­ca­rie­tà e poli­ti­che di silen­zia­men­to: la liber­tà di espres­sio­ne ha subi­to un attac­co siste­ma­ti­co duran­te il pri­mo anno di gover­no di Milei”, ha denun­cia­to l’U­nio­ne del­la Stam­pa di Bue­nos Aires (Sipre­ba). E, cosa nota, se è così che si vive nel­la cit­tà di Bue­nos Aires, le pro­vin­ce sono mol­to peg­gio.

Com­pli­ci, respon­sa­bi­li e ver­ti­ci

Javier Milei assun­se il pote­re con soli 37 depu­ta­ti (su 257 seg­gi) e set­te sena­to­ri (su 72). Tut­ta­via, otten­ne mag­gio­ran­ze par­la­men­ta­ri insie­me al PRO, all’U­CR e a set­to­ri del pero­ni­smo. Così come l’ac­qui­sto di voti con la “Leg­ge Banel­co” nel 2000, i recen­ti casi del sena­to­re Edgar­do Kuei­der e di Cri­stian Riton­do (capo del ban­co PRO) sono solo esem­pi di espo­nen­ti del­la casta. Sono set­to­ri poli­ti­ci che par­la­no di “popo­lo” o “popo­lo”, ma non viag­gia­no in tre­no, non ven­go­no cura­ti negli ospe­da­li pub­bli­ci e i loro figli non fre­quen­ta­no le scuo­le pub­bli­che. Tan­to meno met­to­no pie­de in un quar­tie­re ope­ra­io (tran­ne che duran­te le ele­zio­ni).

Nel­la cit­tà di Bue­nos Aires, la più ric­ca del Pae­se, è diven­ta­to “nor­ma­le” vede­re per­so­ne in cer­ca di cibo nel­la spaz­za­tu­ra – cor­pi som­mer­si in con­te­ni­to­ri maleo­do­ran­ti – inte­re fami­glie che vivo­no nel­le piaz­ze e sot­to le auto­stra­de, ban­co­mat del­le ban­che come rifu­gio per i sen­za­tet­to. “Dan­ni col­la­te­ra­li”, come li chia­ma­no nel­le guer­re, per com­pia­ce­re gli spe­cu­la­to­ri inter­na­zio­na­li e il FMI.

“La vera divi­sio­ne che deve esse­re fat­ta è tra colo­ro che sono con la lot­ta del popo­lo e colo­ro che sono con la resa (…) Un lea­der sin­da­ca­le deve vive­re nel­le stes­se con­di­zio­ni dei lavo­ra­to­ri che rap­pre­sen­ta”, ha det­to lo sto­ri­co lea­der sin­da­ca­le Agu­stín Tosco.

L’at­tua­le CGT, sino­ni­mo di buro­cra­zia sin­da­ca­le, non ha let­to Tosco e tan­to meno ha segui­to il suo esem­pio. È com­pli­ce del­la sof­fe­ren­za dei lavo­ra­to­ri.

Il ter­zo ramo del­lo Sta­to, la magi­stra­tu­ra, è il più retro­gra­do e con­ser­va­to­re dei tre. Casi come quel­lo di Lago Escon­di­do (dove giu­di­ci e uomi­ni d’af­fa­ri si reca­ro­no nel ranch del magna­te Joe Lewis in Pata­go­nia) mostra­no la col­lu­sio­ne tra i fun­zio­na­ri giu­di­zia­ri e il pote­re eco­no­mi­co. Innu­me­re­vo­li casi, come il giu­di­ce Pablo Ori­t­ja a San Juan, il pro­cu­ra­to­re Mar­tín Camps di Cata­mar­ca o la Cor­te Supe­rio­re di Jujuy (scel­ta dal­l’al­lo­ra gover­na­to­re Gerar­do Mora­les).

Il pia­no di Milei è chia­ro. “Il Regi­me di Incen­ti­va­zio­ne per i Gran­di Inve­sti­men­ti (RIGI)” e l’ag­gres­sio­ne con­tro le popo­la­zio­ni indi­ge­ne han­no lo stes­so obiet­ti­vo: impa­dro­nir­si dei ter­ri­to­ri per con­se­gnar­li alle impre­se mine­ra­rie, petro­li­fe­re, fore­sta­li e agroa­li­men­ta­ri. Otte­ne­re “inve­sti­men­ti” estrat­ti­vi dal­le encla­ve, recu­pe­ra­re dol­la­ri faci­li per paga­re il debi­to este­ro e, allo stes­so tem­po, cau­sa­re con­se­guen­ze nega­ti­ve ambien­ta­li, sani­ta­rie e socia­li. E anche, ad aggra­va­re la dipen­den­za e la pover­tà, il posto asse­gna­to ai pae­si che for­ni­sco­no mate­rie pri­me.

Se la guer­ra è con­tro colo­ro che stan­no in bas­so, gli allea­ti e i bene­fi­cia­ri sono quel­li in alto. Da Elon Musk a fon­di di inve­sti­men­to come Blac­kRock e Van­guard, tra cui le mul­ti­na­zio­na­li Bayer-Mon­san­to, Syn­gen­ta, Bar­rick Gold, Rio Tin­to, Livent e Glen­co­re, tra le altre. A livel­lo loca­le, Eduar­do Elsz­tainMar­cos Gal­pe­rín, Hugo Sig­man e Sil­via Gold, Ale­jan­dro Bul­ghe­ro­ni (Pan Ame­ri­can Ener­gy), Luis Pérez Com­panc (Moli­nos Río de la Pla­ta, Moli­nos Agro e la com­pa­gnia ener­ge­ti­ca Pecom), Pao­lo Roc­ca (Techint), Mar­ce­lo Mind­lin (Pam­pa Ener­gía), Eduar­do Eur­ne­kian, Eduar­do Costan­ti­ni, Jor­ge Bri­to, Enri­que Eske­na­zi, Car­los Bla­quier Arrie­ta e fra­tel­li (Gru­po Lede­sma) e Miguel Galuc­cio (com­pa­gnia petro­li­fe­ra Vista) festeg­gia­no.

L’e­strat­ti­vi­smo non è un model­lo nuo­vo. Tut­ta l’in­ge­gne­ria lega­le moder­na è sta­ta san­zio­na­ta nel decen­nio di Menem. È attua­to nei ter­ri­to­ri duran­te tut­ti i gover­ni suc­ces­si­vi, a mag­gior ragio­ne in quel­li sedi­cen­ti “nazio­na­li e popo­la­ri”.
Tem­pi di guer­ra con­tro chi difen­de la ter­ra. Nel­la pri­ma trin­cea ci sono le comu­ni­tà indi­ge­ne, popo­li mil­le­na­ri che – nono­stan­te seco­li di repres­sio­ne – san­no cosa signi­fi­ca resi­ste­re e costrui­re un futu­ro.

Fon­te: https://agenciatierraviva.com.ar/javier-milei-y-su-guerra-contra-los-de-abajo/

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