Evidentemente avevano deciso di fare sul serio. Nelle fabbriche del nord Lotta Continua era forte abbastanza, insieme agli studenti e agli operai meridionali occupava scuole e università e pensava che fosse giunto il momento di fare seriamente la rivoluzione. Ma al sud, le fabbriche erano poche e a Palermo, per “rafforzare il partito e prendersi la città”, quelli della segreteria decisero di inviare Mauro approfittando dell’occasione che padre Pintacuda offriva al suo collega sociologo di avere un contratto in università. L’idea piacque subito a quella parte di noi, militanti palermitani di LC, che avevano temuto con questa storia del partito che fosse arrivato il momento di diventare come gli altri, come quelli di Avanguardia Operaia e del Manifesto: bravi e seri compagni, molto “intellettuali comunisti”, ma certamente un po’ noiosi. Mi ricordo ancora delle critiche severe quando sul giornale dedicammo un pezzo a Jimi Hendrix che era morto di overdose: il titolo, scritto da Mauro, diceva “suonava da dio lo hanno ucciso i padroni”. Noi di LC amavamo la cultura beatnik, gli hippies e i figli dei fiori ci erano molto simpatici. Magari non avrebbero fatto la rivoluzione ma vuoi metter il piacere di cantare Dylan e i Doors (o Ivan della Mea e le nostre canzoni rivoluzionarie) a squarciagola, complice qualche bicchiere di vinaccio e qualche spinello furtivo e di incontrarsi con il variopinto mondo giovanile della città, fuori da ogni ideologia, sui prati di Villa Sperlinga pronti a lanciare la prima campagna contro l’eroina?
Mauro aveva fama già consolidata di anticonformista, i compagni della segreteria lo avevano mandato a Palermo un po’ per punirlo, un po’ perché la sua capacità comunicativa era immensa, affascinava tutti, operai e alto borghesi. La prima cosa che fece fu subito coerente con la voglia, che mai lo abbandonerà, di cercare per sé e per gli altri vite più felici. Scelse una casa tra i giardini della piana dei Colli, tra zagare e gelsomini. Ci fu subito (a me, a Mario, a Vincino) molto simpatico anche perché un segretario che suonasse la chitarra non ce lo aspettavamo. E accettammo con lui di provare a diventare un partito. Nella sede molto ambiziosa di piazzetta Speciale leggevamo e commentavamo qualcosa che si chiamava il Catechismo dei Comunisti. Ma non durò molto scegliemmo piuttosto l’intervento in fabbrica, ai cantieri Navali, il volantinaggio allo Zen, e la propaganda davanti alle scuole. Lì c’era il solito problema dei picchiatori fascisti: le prendevamo quasi sempre e decidemmo allora di organizzare una denuncia pubblica; ricorrendo agli archivi del L’Ora più che alla controinformazione, stampammo un libretto dal titolo “Fascisti a Palermo”. Mauro che odiava la violenza- mai neanche nei terribili anni successivi ci spinse ad azioni violente e di questo gli sarò sempre grato- pensava che elencare i loro nomi e le loro gesta sarebbe bastato. A guardare la luminosa carriera politica di molti di loro non servì proprio.
Ci finanziavamo vendendo le grafiche che Mario Schifano o Sebastian Matta ci regalavano e versando ciascuno una quota secondo le proprie possibilità. Organizzammo anche un cineclub, il circolo Ottobre, che alternava i classici russi all’avanguardia americana, qualche concerto al circolo La Base e un “mercatino popolare”: grazie ai compagni di Castelbuono comprammo a prezzi stracciati la carne di un intero vitello per rivenderla a prezzo politico agli operai dei cantieri. Fu una disfatta: il frigorifero non resse e il giorno del mercato ci trovammo di fronte a una poltiglia maleodorante. Mauro in quel tempo continuava a costruire rapporti. Fu molto attivo nella campagna contro l’abrogazione del divorzio: ricordo un’assemblea nella facoltà di Agraria con Mauro Rostagno “sociologo” e Peppino di Lello, “pretore”. A casa sua si incontravano gli operai dei Cantieri e i lumpen dei quartieri periferici ma venivano in continuazione a trovarlo anche i suoi amici del nord, meravigliose persone come Alex Langer. Il suo amore per Chicca era grande e nel frattempo era nata Maddalena, piccola palermitana. Me lo ricordo in lunghe passeggiate con quel vecchio comunista doc che è stato, e forse è ancora, Nino Mannino: eravamo orgogliosi e speranzosi di questa amicizia tra vecchi e nuovi rivoluzionari. Un privilegio solo a lui riservato erano le visite, magari accompagnato da Andrea Valcarenghi di “Re Nudo”, al villino liberty occupato da un gruppo di hippies cosmopoliti guidati da Carlo Silvestri: la Comune di Terrasini luogo mitico e idealizzato di sogni erotici, bagni nudi nel mare, viaggi psichedelici, musiche ribelli.
Ma poi si tornava al lavoro politico, alle riunioni che Mauro conduceva intercalando un ragionare lucido e comunque spiazzante ed anticonformista con espressioni come “non nascondiamoci dietro un dito…non buttiamo il bambino con l’acqua sporca…”
Giuseppe Barbera