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mercoledì, 13 Novembre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Donatella Panzieri, Una vita contro, Vittorio Mallozzi, Le Fornaci, La Guerra di Spagna, Il Confino, La Resistenza a Roma

All’alba del 31 gen­na­io 1944, men­tre, stan­do al ricor­do di Vasco Pra­to­li­ni, “sui via­li del­la peri­fe­ria tira­va un ven­to diac­cio che piglia­va allo sto­ma­co”, al for­te Bra­vet­ta di Roma i nazi­fa­sci­sti fuci­la­no die­ci com­bat­ten­ti par­ti­gia­ni. Quei nomi, la cui ese­cu­zio­ne vie­ne annun­cia­ta dal­la radio, inter­rom­pen­do l’ordinario palin­se­sto di can­zo­net­te, rap­pre­sen­ta­no, un po’ come sareb­be sta­to di lì a nem­me­no due mesi dopo con le Ardea­ti­ne, tut­to lo spet­tro del­le cul­tu­re, del­le sen­si­bi­li­tà poli­ti­che e dei vis­su­ti che ave­va­no ani­ma­to ed ani­ma­va­no l’Antifascismo e la Resi­sten­za.

Nomi cui sareb­be­ro cer­to sta­te pre­sto inte­sta­te deco­ra­zio­ni al valor mili­ta­re, vie, gare e grup­pi spor­ti­vi, sezio­ni di par­ti­to, coo­pe­ra­ti­ve, cir­co­li ricrea­ti­vi e cul­tu­ra­li ma la cui memo­ria sareb­be anda­ta ine­so­ra­bil­men­te per­du­ta, con il con­so­li­dar­si del­la Guer­ra fred­da e del cen­tri­smo demo­cri­stia­no, lun­go tut­ti gli anni Cin­quan­ta del Nove­cen­to. Ad un cer­to pun­to sareb­be sta­to cioè meglio non ricor­da­re, alme­no non oltre il peri­me­tro del pie­ti­smo. Così la memo­ria o rima­ne­va con­fi­na­ta agli orga­ni di stam­pa ed alle arti­co­la­zio­ni di base dei par­ti­ti, impe­gna­ti a riven­di­ca­re la con­ti­nui­tà con i mar­ti­ri, oppu­re si dis­sol­ve­va nel nul­la, nel fisio­lo­gi­co pro­ces­so men­ta­le di rimo­zio­ne di per­so­ne e fat­ti.

Resta­va­no così sol­tan­to le gran­di per­so­na­li­tà, sfug­gi­va­no inve­ce quel­le figu­re che non ave­va­no maga­ri assun­to posi­zio­ni di ver­ti­ce ma il cui ruo­lo e il cui sacri­fi­cio non sono cer­to sta­ti da meno nell’incidere sui pro­ces­si sto­ri­ci. Anzi, in ter­mi­ni quan­ti­ta­ti­vi, si potreb­be affer­ma­re che pro­prio da que­ste figu­re sia giun­to il con­tri­bu­to mag­gio­re.

Negli ulti­mi anni, for­se ormai decen­ni, per una neces­si­tà sui cui non può dir­si indif­fe­ren­te il peso del revi­sio­ni­smo stru­men­ta­le, incen­tra­to­si noto­ria­men­te sul­le vicen­de bel­li­che e resi­sten­zia­li del­la Secon­da guer­ra mon­dia­le, si è assi­sti­to ad un cer­to recu­pe­ro del­le esi­sten­ze dei sin­go­li. E, come dovreb­be esser incon­te­sta­bi­le, le vite non sono tut­te ugua­li. A tut­ti i mor­ti va la mede­si­ma uma­na pie­tà; le valu­ta­zio­ni, i bilan­ci poli­ti­ci e, ugual­men­te, sto­ri­ci deb­bo­no però neces­sa­ria­men­te basar­si su ciò che si è fat­to, e pen­sa­to, in vita. Acqui­si­to que­sto ele­men­to, com­pi­to di scri­ve di sto­ria e fa ricer­ca deve esse­re comun­que quel­lo di net­ta­re gli avve­ni­men­ti da ogni cari­ca­tu­ra reto­ri­ca, arti­fi­cio­sa o mito­lo­gi­ca che sia.

Il sag­gio in que­stio­ne rispon­de a que­sti para­dig­mi, ed è frut­to di una sostan­zio­sa ricer­ca tra docu­men­ta­zio­ne d’archivio, di fat­to sin qui ine­di­ta, fon­ti a stam­pa, foto­gra­fi­che e memo­ria­li­sti­che di varia pro­ve­nien­za. A redi­ger­lo, Dona­tel­la Pan­zie­ri, inse­gnan­te in pen­sio­ne, ricer­ca­tri­ce e divul­ga­tri­ce roma­na che si è occu­pa­ta in par­ti­co­la­re del­la memo­ria sto­ri­ca ine­ren­te la zona del­la val­le dell’Inferno, poi val­le Aure­lia, di Roma, area che rap­pre­sen­ta uno sno­do fon­da­men­ta­le anche per il vis­su­to qui resti­tui­to.

Vit­to­rio Mal­loz­zi, per il vero, nasce ad Anzio il 22 otto­bre 1909. Si tra­sfe­ri­sce nel­la val­le dell’Inferno per lavo­ra­re alle for­na­ci, i cui fumi con­fe­ri­sco­no il nome alla zona, in base a quel­la sor­ta di immi­gra­zio­ne di pros­si­mi­tà che ha carat­te­riz­za­to i gran­di cen­tri urba­ni dell’Italia postu­ni­ta­ria. C’è richie­sta di mano d’opera per costrui­re i mate­ria­li neces­sa­ri soprat­tut­to alle gran­di edi­fi­ca­zio­ni e ristrut­tu­ra­zio­ni urba­ni­sti­che del­la Capi­ta­le. Non è però un lavo­ro par­ti­co­lar­men­te sta­bi­le che, in lar­go anti­ci­po su quel­lo che avrem­mo poi chia­ma­to pre­ca­ria­to, neces­si­ta di alter­nan­za con altri impie­ghi sta­gio­na­li, come il lavo­ro nei cam­pi. È que­sta la con­di­zio­ne socia­le del­la fami­glia di Mal­loz­zi, in un quar­tie­re, però, che nel­la fra­sta­glia­ta real­tà lavo­ra­ti­va roma­na rap­pre­sen­ta un ful­cro di riven­di­ca­zio­ne ed orga­niz­za­zio­ne ope­ra­ia. I for­na­ciai dell’Inferno, accan­to agli edi­li ed ai fer­ro­vie­ri, rap­pre­sen­ta­no infat­ti l’avanguardia pro­le­ta­ria capi­to­li­na. La zona divie­ne ricet­ta­co­lo di sov­ver­si­vi­smo ed insu­bor­di­na­zio­ne, in cui il padre dell’anarchismo ita­lia­no, Erri­co Mala­te­sta, ave­va indi­ca­ti­va­men­te deci­so di dimo­ra­re, sen­ten­do il popo­lo che vi vive­va come il pro­prio. I for­na­ciai, alla testa del­le agi­ta­zio­ni del Pri­mo dopo­guer­ra, sareb­be­ro sta­ti in pri­ma linea anche nel­la bat­ta­glia con­tro l’affermazione del fasci­smo, negli Ardi­ti del popo­lo, pro­ta­go­ni­sti del­le Quat­tro gior­na­te di Roma con­tro il III Con­gres­so nazio­na­le dei Fasci nel novem­bre 1921. Uno spac­ca­to socia­le e poli­ti­co che non si sareb­be pie­ga­to del tut­to alla nor­ma­liz­za­zio­ne del Regi­me fasci­sta, con i per­se­gui­ta­ti poli­ti­ci che avreb­be­ro ani­ma­to il dis­sen­so per tut­to il Ven­ten­nio e, in fine, la Lot­ta par­ti­gia­na, sino all’estremo sacri­fi­cio, com’è sta­to per Alber­to Di Gia­co­mo, assas­si­na­to il 15 set­tem­bre 1944 ad Har­theim, cam­po di ster­mi­nio di Mau­thau­sen.

Mal­loz­zi assor­be que­sto cli­ma e, sull’esempio del fra­tel­lo Giu­sep­pe, di otto anni più gran­de, si avvi­ci­na al Par­ti­to comu­ni­sta d’Italia. Fini­to nel miri­no del­la repres­sio­ne, nel 1933 deci­de di espa­tria­re per recar­si in Fran­cia. Qui tro­va il gros­so dell’esilio anti­fa­sci­sta ed assu­me un ruo­lo atti­vo, giun­gen­do a scri­ve­re per la stam­pa di par­ti­to, per cui sta dive­nen­do nei fat­ti un qua­dro. L’unica sua distra­zio­ne sem­bra esse­re la pas­sio­ne per il bal­lo. L’esilio non è però una pas­seg­gia­ta: c’è costan­te biso­gno di dena­ro per vive­re decen­te­men­te. Mal­loz­zi scri­ve a casa a tal pro­po­si­to e le let­te­re, come avve­ni­va nel Regi­me, ven­go­no fedel­men­te copia­te, le tra­scri­zio­ni o foto inse­ri­te nei fasci­co­li di poli­zia, e, nel caso, nean­che inol­tra­te ai desti­na­ta­ri. Un lavo­ro di vigi­lan­za gra­zie al qua­le, per quei para­dos­si del­la sto­ria, dispo­nia­mo oggi di docu­men­ta­zio­ne che, altri­men­ti, avreb­be rischia­to seria­men­te di andar smar­ri­ta.

Ad un cer­to momen­to cado­no su Mal­loz­zi diret­te accu­se di aver sot­trat­to dei fon­di: impu­ta­zio­ne da cui, in un qual­che modo, sareb­be in fine usci­to.

Con lo scop­pio del­la guer­ra civi­le e socia­le in Spa­gna non può cer­to sot­trar­si all’arruolamento, dive­nen­do Com­mis­sa­rio poli­ti­co del­la 2^ Com­pa­gnia del Bat­ta­glio­ne Gari­bal­di. Una feri­ta qui avu­ta lo avreb­be reso per­ma­nen­te­men­te clau­di­can­te.

Come per mol­ti Com­bat­ten­ti volon­ta­ri anti­fa­sci­sti in Spa­gna, con la scon­fit­ta sareb­be ini­zia­to il cal­va­rio nei cam­pi di con­cen­tra­men­to fran­ce­si, in con­di­zio­ni disu­ma­ne aggra­va­te dall’assurdo per cui, una vol­ta dichia­ra­ta guer­ra alla Fran­cia, tut­ti gli ita­lia­ni, com­pre­si gli anti­fa­sci­sti, ven­go­no reclu­si, in con­di­zio­ni disu­ma­ne, come nemi­ci. Si pre­fe­ri­sce infat­ti il rim­pa­trio, anche dian­zi alla pos­si­bi­li­tà di con­fi­no e car­ce­re. Mal­loz­zi è asse­gna­to a Ven­to­te­ne, dove sono costret­ti i gran­di nomi dell’Antifascismo ita­lia­no. Par­te­ci­pa ai cor­si di stu­dio, pren­de appun­ti, ela­bo­ra. Resta a Ven­to­te­ne fino alla fine, tra gli ulti­mi con­fi­na­ti a lascia­re l’isola, il 23 ago­sto 1943, in moto­pe­sche­rec­cio, a qua­si un mese esat­to dal­la depo­si­zio­ne di Mus­so­li­ni.

A bre­ve soprag­giun­ge l’8 Set­tem­bre e, quin­di, la Resi­sten­za. Mal­loz­zi è sta­to sì un ope­ra­io del­le for­na­ci ma, ormai, con l’esilio, la Guer­ra di Spa­gna, l’internamento ed il con­fi­no, è per il Pci un qua­dro poli­ti­co ed intel­let­tua­le a tut­ti gli effet­ti e per­ciò lo nomi­na Com­mis­sa­rio poli­ti­co del­la III zona per i Gap. Mal­loz­zi qui si tro­va accan­to a gio­va­ni intel­let­tua­li di estra­zio­ne bor­ghe­se, a lui social­men­te alie­ni per ori­gi­ne, che a Roma com­pon­go­no il gros­so dei Gap. Ad orga­niz­za­re le mas­se pro­le­ta­rie e sot­to­pro­le­ta­rie del­le bor­ga­te roma­ne è, inve­ce, il Movi­men­to comu­ni­sta d’Italia – Ban­die­ra ros­sa, che ope­ra fuo­ri dal Cln e che, per ovvie ragio­ni, non è riu­sci­to ad inter­cet­ta­re una figu­ra come quel­la di Mal­loz­zi il qua­le, a sua vol­ta, pre­fe­ri­sce comun­que sosta­re e dor­mi­re a casa di ope­rai.

Ad ogni modo, l’attività par­ti­gia­na pro­se­gue per Mal­loz­zi sino all’arresto, avve­nu­to ad ope­ra del­le Ss, gui­da­te dall’interprete Fede­ri­co Scar­pa­to, la mat­ti­na del 19 dicem­bre 1943, a casa di Ita­lo Gri­mal­di, Capo­set­to­re di Mon­te­sa­cro. I pre­sen­ti, che pro­ba­bil­men­te dove­va­no tene­re una riu­nio­ne, sono tut­ti arre­sta­ti, bru­tal­men­te pesta­ti e con­dot­ti in via Tas­so.

“Il Mes­sag­ge­ro” del 1° feb­bra­io 1944 ripor­ta la noti­zia dell’avvenuta con­dan­na a mor­te, il gior­no pri­ma, “del­le seguen­ti per­so­ne”. Ne fa l’elenco. Mal­loz­zi è erro­nea­men­te scrit­to Maloc­ci. A chiu­su­ra, il capo d’accusa: “pre­pa­ra­va­no atti di sabo­tag­gio con­tro le For­ze arma­te ger­ma­ni­che e capeg­gia­va­no altri atten­ta­ti con­tro l’or­di­ne pub­bli­co del­la cit­tà di Roma”.

Sil­vio Anto­ni­ni

Roma, Odra­dek, 2022, pp. 299, € 26,00

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