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giovedì, 21 Novembre 2024

«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

[K. Marx]

Von Banditen erschossen (su Mattarella e le foibe) di Sergio Bologna

Il testo di Ser­gio Bolo­gna è sta­to scrit­to quat­tro anni fa, a nostro pare­re con­ser­va del tut­to la sua vali­di­tà

Come cit­ta­di­no, come sto­ri­co del nazi­smo e soprat­tut­to come trie­sti­no sono rima­sto scon­cer­ta­to, ama­reg­gia­to e disgu­sta­to dal­le dichia­ra­zio­ni del Pre­si­den­te Mat­ta­rel­la sul­la que­stio­ne del­le foi­be.

Ave­vo otto anni quan­do i par­ti­gia­ni di Tito, il 1 mag­gio del 1945, pro­prio sot­to casa mia fer­ma­ro­no la loro avan­za­ta per non espor­si al tiro del­la guar­ni­gio­ne tede­sca, asse­ra­glia­ta nel Castel­lo di San Giu­sto. Era­no sce­si dall’altipiano del Car­so in due colon­ne, una si era diret­ta all’edificio del Tri­bu­na­le dove i tede­schi ave­va­no instal­la­to il Coman­do e l’altra al Castel­lo di San Giu­sto, dove il vesco­vo San­tin svol­ge­va il ruo­lo di media­to­re tiran­do le trat­ta­ti­ve per le lun­ghe in modo da dare il tem­po ai neo­ze­lan­de­si, avan­guar­dia dell’esercito allea­to, di arri­va­re ed evi­ta­re in tal modo che la resa venis­se con­se­gna­ta nel­le sole mani dell’esercito di libe­ra­zio­ne yugo­sla­vo. Così la guar­ni­gio­ne tede­sca si arre­se il 2 mag­gio, pre­sen­ti anche gli anglo-ame­ri­ca­ni, giun­ti a mar­ce for­za­te dal­la lito­ra­nea. Ma sul Car­so, a vista d’occhio dal­la cit­tà, si com­bat­te­va anco­ra. La cosid­det­ta “bat­ta­glia di Opi­ci­na” è costa­ta mol­ti mor­ti, in gran mag­gio­ran­za tede­schi, e si sareb­be con­clu­sa solo il 3 mag­gio.

Secon­do cer­te rico­stru­zio­ni (Leo­ne Vero­ne­se, 1945. La bat­ta­glia di Opi­ci­na, Luglio Edi­to­re, 2015) i pri­mi a esse­re get­ta­ti nel­le cavi­tà car­si­che furo­no sol­da­ti dell’esercito tede­sco, fuci­la­ti dopo la resa. La ver­sio­ne secon­do cui gli infoi­ba­ti sareb­be­ro sta­ti in mag­gio­ran­za cit­ta­di­ni iner­mi che ave­va­no il solo tor­to di esse­re ita­lia­ni è fal­sa. La gran­de mag­gio­ran­za di quel­li che poi furo­no get­ta­ti nel­le foi­be era­no mem­bri dell’apparato repres­si­vo nazi­fa­sci­sta, in mez­zo ci saran­no sta­te anche per­so­ne che non ave­va­no com­mes­so par­ti­co­la­ri cru­del­tà ma c’erano anche quel­li che ave­va­no tor­tu­ra­to o scor­ta­to i tre­ni che por­ta­va­no ebrei e com­bat­ten­ti anti­fa­sci­sti nei cam­pi di ster­mi­nio. Così come non reg­ge la ver­sio­ne che vor­reb­be la cit­tà di Trie­ste sot­to­po­sta a una dit­ta­tu­ra san­gui­na­ria duran­te i 40 gior­ni dell’occupazione yugo­sla­va. Se non altro per la pre­sen­za del­le trup­pe anglo-ame­ri­ca­ne.

Peg­gio­ri del­le fal­se rico­stru­zio­ni sono le amne­sie. Infat­ti si dimen­ti­ca (o si igno­ra) che l’apparato repres­si­vo nazi­fa­sci­sta a Trie­ste non era di ordi­na­ria ammi­ni­stra­zio­ne, ave­va un suo carat­te­re di ecce­zio­na­li­tà per­ché ne face­va­no par­te per­so­nag­gi che han­no avu­to un ruo­lo cen­tra­le nel­la poli­ti­ca di ster­mi­nio di Hitler. Chri­stian Wirth era uno di que­sti. Si leg­ga il cur­ri­cu­lum ter­ri­fi­can­te di que­sto indi­vi­duo su Wiki­pe­dia: respon­sa­bi­le del pro­gram­ma di euta­na­sia, pre­le­va­va le vit­ti­me dal­le pri­gio­ni, dagli ospe­da­li psi­chia­tri­ci, tra gli zin­ga­ri. Coman­dan­te del lager di Bel­zec, rior­ga­niz­za­to­re di quel­lo di Tre­blin­ka, di Sobi­bor, fu il pri­mo a usa­re il monos­si­do di car­bo­nio per gasa­re i depor­ta­ti. Arri­va a Trie­ste nel 1943. Un anno dopo i par­ti­gia­ni lo indi­vi­dua­no e lo ucci­do­no (non è vero, come scri­ve Wiki­pe­dia, che fu ucci­so in com­bat­ti­men­to pres­so Fiu­me, il suo cer­ti­fi­ca­to di mor­te è appar­so in rete non più tar­di del 2017, dice: von Ban­di­ten erschos­sen, mor­to in un aggua­to orga­niz­za­to dai par­ti­gia­ni men­tre pas­sa­va su una mac­chi­na sco­per­ta, nei pres­si di Erpel­le (Hrpe­lje) a pochi chi­lo­me­tri da Trie­ste). Ma ce n’erano altri di per­so­nag­gi dal­la pasta cri­mi­na­le ana­lo­ga a Wirth, che si era­no fat­ti i gal­lo­ni nei peg­gio­ri Lager del Reich e veni­va­no a Trie­ste dove gen­te impor­tan­te li acco­glie­va a brac­cia aper­te e dove tro­va­va­no anche il modo di non per­de­re cer­te abi­tu­di­ni, visto che a por­ta­ta di mano ave­va­no la Risie­ra di San Sab­ba, un for­no cre­ma­to­rio che la mia cit­tà ha avu­to la ver­go­gna di ospi­ta­re. Pro­prio a Opi­ci­na la sal­ma di Wirth rice­vet­te gli ono­ri mili­ta­ri.

Trie­ste e zone cir­co­stan­ti, assur­te a pro­vin­cia del Reich, era­no diven­ta­te un ricet­ta­co­lo di cri­mi­na­li di guer­ra, l’angolo di un con­ti­nen­te dove la risac­ca del­la sto­ria ave­va depo­sto i suoi rifiu­ti più immon­di. I par­ti­gia­ni di Tito han­no libe­ra­to l’umanità da alcu­ni di que­sti indi­vi­dui, han­no spen­to quel for­no cre­ma­to­rio. Dovrem­mo esse­re loro gra­ti per que­sto, pen­san­do qua­le tri­bu­to di san­gue è sta­to da essi ver­sa­to per com­pie­re quel­la mis­sio­ne. Ora però ven­go­no ricor­da­ti come un’orda di bar­ba­ri asse­ta­ti di san­gue, non di san­gue nemi­co, no, di san­gue di pove­ra gen­te iner­me che non ave­va alza­to un dito con­tro di loro.

Ciò che accad­de in quel­le tra­gi­che gior­na­te di aprile/maggio 1945 impe­dì alla memo­ria sto­ri­ca di met­ter­si subi­to al lavo­ro. Quel­lo che sareb­be sta­to l’Istituto Regio­na­le per la Sto­ria del Movi­men­to di Libe­ra­zio­ne nel Friu­li Vene­zia Giu­lia si costi­tuì sen­za i comu­ni­sti. Enzo Col­lot­ti die­de un con­tri­bu­to fon­da­men­ta­le all’impostazione del­la ricer­ca e l’Istituto diven­ne uno dei luo­ghi dove comin­ciai a capi­re in che raz­za d’inferno ero cre­sciu­to. Il pri­mo perio­do d’attività fu dedi­ca­to a “met­te­re in sicu­rez­za”, come si dice in ter­mi­ne azien­da­le, la sto­ria dei movi­men­ti di libe­ra­zio­ne nel­la regio­ne, sto­ria tor­men­ta­ta e per­ciò fon­te di dram­ma­ti­che divi­sio­ni (un esem­pio per tut­ti l’eccidio di Por­zus, ripre­so anche nell’ampia pub­bli­ca­zio­ne, Atlan­te sto­ri­co del­la lot­ta di libe­ra­zio­ne nel Friu­li Vene­zia Giu­lia. Una resi­sten­za di con­fi­ne 1943–1945, 2005). Tra tut­ti gli Isti­tu­ti del­la Resi­sten­za ita­lia­ni quel­lo di Trie­ste fu l’unico dove la pre­sen­za comu­ni­sta o fu assen­te o svol­se un ruo­lo deci­sa­men­te secon­da­rio. Del resto il comu­ni­smo è fini­to ormai da 30 anni e i suoi segua­ci di allo­ra sono in gene­re i più acca­ni­ti nell’infierire sul suo cada­ve­re, ma a leg­ge­re cer­te vaneg­gian­ti usci­te di quo­ti­dia­ni come “Il Gior­na­le” o “Libe­ro Quo­ti­dia­no” nel Gior­no del­la Memo­ria  sem­bra che orde di “tri­na­ri­ciu­ti” rie­sca­no anco­ra a det­ta­re leg­ge in Ita­lia.

Negli Anni ’90 la dis­so­lu­zio­ne dell’ex Yugo­sla­via ha inve­sti­to in pie­no il sen­so d’identità nazio­na­le di croa­ti, slo­ve­ni, ser­bi, mace­do­ni; i nazio­na­li­smi han­no fat­to a pez­zi l’esperienza socia­li­sta, la guer­ra di libe­ra­zio­ne non è sta­ta più l’epopea fon­da­ti­va del­lo Sta­to fede­ra­le, l’immagine di Tito è sta­ta strap­pa­ta dal pie­de­stal­lo e se si vole­va tro­va­re gen­te che get­ta­va fan­go sul­la sua figu­ra e sul suo ruo­lo la si tro­va­va soprat­tut­to tra i suoi com­pa­trio­ti. L’orrore di quel­la guer­ra degli anni Novan­ta, che così bene Pao­lo Rumiz ha deco­di­fi­ca­to nei suoi mec­ca­ni­smi oscu­ri, ha can­cel­la­to ogni trac­cia di orgo­glio per l’eroica ribel­lio­ne alla dit­ta­tu­ra nazi­fa­sci­sta. Le fal­si­tà, le defor­ma­zio­ni, le misti­fi­ca­zio­ni che oggi dila­ga­no avreb­be­ro potu­to diven­ta­re com­mu­nis opi­nio in quel con­te­sto, inve­ce gli sto­ri­ci trie­sti­ni lega­ti all’Istituto col­se­ro l’occasione dell’apertura di cer­ti archi­vi per inten­si­fi­ca­re la ricer­ca del­la veri­tà.

Per­ché que­sto va det­to con for­za: le ispe­zio­ni nel­le cavi­tà car­si­che, le esu­ma­zio­ni, le ricer­che per dare un nome ai mor­ti, il recu­pe­ro e l’attento esa­me dei regi­stri, di qua­lun­que docu­men­to in gra­do di fare luce sul­le cir­co­stan­ze, sul­le vit­ti­me e sui car­ne­fi­ci, tut­to que­sto lavo­ro ingra­to e dif­fi­ci­le fu ope­ra di sto­ri­ci che si rico­no­sce­va­no pie­na­men­te nei valo­ri del­la Resi­sten­za posti alla base del­la nostra Costi­tu­zio­ne, come Rober­to Spaz­za­li, Raoul Pupo e mol­ti altri. Sono loro che han­no dimo­stra­to rispet­to per gli infoi­ba­ti, che han­no con­te­stua­liz­za­to que­gli avve­ni­men­ti, men­tre alla canea revan­sci­sta e neo­fa­sci­sta il desti­no di quei mor­ti non inte­res­sa­va per nul­la, era solo pre­te­sto, stru­men­to, per aggre­di­re gli avver­sa­ri poli­ti­ci di tur­no e oggi per fare pura e sem­pli­ce apo­lo­gia del fasci­smo. Come mai nel Gior­no del­la Memo­ria un Pre­si­den­te del­la Repub­bli­ca inve­ce di rivol­ger­si ai pri­mi per impo­sta­re un discor­so con un mini­mo di rigo­re sto­ri­co si rivol­ge ai secon­di?

Dal sito Vole­re­la­lu­na

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