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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

(K. Marx)

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Repressione in Turchia

Repressione in Turchia

 “Non stiamo scrivendo sulla sabbia ma nella STORIA”

Pubblichiamo l'intervista tradotta dal francese a Veli Saçılık apparsa su Kedistan (http://www.kedistan.net/…/turquie-convergence-luttes-socia…/ ) all’indomani della liberazione di Semih e pubblicata in originale il 21 ottobre 2017 su Gazete Duvar in turco. Veli, sociologo, è diventato uno dei simboli della Resistenza di Strada Yuksel ad Ankara in appoggio a Semih e Nuriye dopo essere stato a sua volta purgato da Erdogan dall’insegnamento nei licenziamenti massicci nel post 15 luglio e l’instaurazione dello stato di emergenza.
Innumerevoli le volte in cui Veli è stato tradotto in stato di fermo e torturato, pestato e riempito di pallottole nelle manifestazioni di Strada Yuksel.

Il processo a Nuriye è previsto per il 17.

***

Veli Saçılık: "Constatare le condizioni di salute di Nuriye potrebbe provocare indignazione"

La buona notizia è giunta nel momento in cui ho terminato la trascrizione di questa intervista e stavo preparando l'introduzione: Semih Özakça, insegnante imprigionato dal 23 maggio, è stato rilasciato sotto condizione di indossare un braccialetto elettronico. Tuttavia, la stessa decisione non è stata presa nei confronti dell'insegnante Nuriye Gülmen, arrestata insieme a Semih, ed il cui stato di salute è peggiorato fino a rendere necessario il suo trasferimento in un reparto di terapia intensiva. Secondo Saçılık, Gülmen non è stata liberata per timore dell’indignazione che la sua visione potrebbe provocare.
Semih Özakça e Nuriye Gülmen hanno iniziato insieme la protesta nello stesso periodo, hanno condotto la stessa lotta, hanno pronunciato le stesse parole e hanno espresso le stesse rivendicazioni. Il fatto che Özakça sia stato liberato a seguito dell'udienza del 20 ottobre, ma che la prigionia di Gülmen continui, sembra diventare l’oggetto di una discussione che durerà. Secondo Veli Saçılık, il timore che la visione di Nuriye possa provocare indignazione nell’opinione pubblica fa sì che essa debba essere tenuta lontana dagli sguardi.

Mentre centinaia di migliaia di impiegati del settore pubblico sono stati licenziati per lo stato di emergenza dichiarato il 20 luglio 2016 e fino ad ora costantemente prolungato, le reazioni contro questa pratica sono rimaste limitate alla protesta di una manciata di persone che hanno detto "Rivoglio il mio lavoro" di fronte al monumento ai Diritti umani sul viale Yüksel di Ankara. Veli Saçılık, anche lui sceso su viale Yüksel per reclamare il suo lavoro, contemporaneamente a Gülmen e Özakça, è stato uno di questa manciata di persone che si è fatta avanti.

Saçılık, che ha subito l’intervento della polizia quasi tutti i giorni, ed è stato messo in custodia innumerevoli volte, si lamenta soprattutto del fatto che il loro sindacato non li affianca. Saçılık, la cui stessa madre e la compagna sono sotto processo, afferma: "Ora sono stanco". Ma si affretta ad aggiungere: "Si tratta della vita dei nostri due compagni, Nuriye e Semih. Devo uscire [in strada] per lei e per lui. Quando nessuno dice niente, io devo dire "il nostro lavoro, il nostro pane, la nostra libertà". Altrimenti, in questo stesso momento, starei con la mia compagna e con mia figlia che sono a casa, starei vivendo come un essere umano”. Ma poiché nessuno sta scendendo [in strada], dal momento che nessuno dice niente, devo espormi".

Così abbiamo segnalato, insieme a Veli Saçılık, la resistenza di Yüksel, che dura da quasi un anno, e la decisione di liberare Özakça e la detenzione di Gülmen in carcere.

Dopo la nostra intervista, abbiamo sentito la notizia del rilascio di Semih. Cosa significa questa liberazione?

Secondo me, il tribunale è preoccupato di dare una buona impressione all'estero, come se si fosse tenuto un reale processo giudiziario. Naturalmente riteniamo una conquista il fatto di aver recuperato Semih. Lo abbiamo salvato dalla prigionia. E lo sciopero della fame sarà sotto gli occhi di tutti. Sarà un argomento contro coloro che dicono: "Non fanno lo sciopero della fame". Continueremo a farci sentire su Yüksel Avenue. E penso che toglieremo anche Nuriye dalle loro mani e gli faremo (a lei e Semih) restituire il loro lavoro. Questo lo spero. Al di là della speranza, sono determinato a continuare la lotta.

Secondo te, perché Nuriye Gülmen non è stata rilasciata?

Ci sarebbero le confessioni di un cosiddetto pentito. Ma oggi, il 20 ottobre, all'udienza, tutto ciò che questa persona ha espresso è risultato inutile. Tale decisione è stata presa perché fingono di condurre un procedimento legale. D'altra parte, poiché la visione di Nuriye provocherebbe indignazione nell'opinione pubblica, essi continuano a nasconderla alla vista. Perché lo stato di Nuriye è molto critico, a tal punto da non poterla guardare. Il governo cerca di non perdere il proprio prestigio. Ma, con la nostra lotta, abbiamo già dato a questo prestigio una buona scossa.


Il 9 novembre sarà un anno dall’inizio della vostra protesta a Yüksel - Ankara. Centinaia di persone sono state licenziate dal loro lavoro per decreto, ma abbiamo seguito la reazione alla vasta liquidazione attraverso la protesta condotta da un gruppo di persone di cui fai parte. Qual è il bilancio di quest’anno che è trascorso?

Ascolta, siamo in molti a protestare, ma per una volta parlerò a nome mio. Sono stato licenziato il 22 novembre 2016 e mi sono unito alla protesta il 24 novembre. Nuriye Gülmen è stata la prima a scendere a Yüksel Avenue, portando un cartello su cui si leggeva "Voglio il mio lavoro". Un giorno più tardi Semih Özakça si è unito a Nuriye. Il giorno dopo, anche io ero a Yüksel. Poi altri compagni come Acun Karadağ, Mehmet Dersulu si sono uniti a noi. La quantità di violenza di cui siamo stati bersaglio da parte della polizia non è mai cambiata fin dal primo giorno. Francamente, ho pensato che queste proteste si sarebbero diffuse in altri luoghi, che in varie regioni si sarebbero costituite serie opinioni pubbliche e che, pur non riuscendo ad invertire completamente il processo, saremmo stati in grado di trasformarle in un movimento di massa. Alla fine, nei primi tempi, è andata in questo modo. In diversi luoghi le proteste individuali di fronte alle istituzioni si sono moltiplicate, a cominciare da Ankara e Istanbul. Ma il governo AKP è stato così "intransigente", per usare le sue stesse parole, che tutti coloro che sono scesi nelle strade sono stati presi in custodia e sottoposti a violenze. Durante questo periodo in cui ci attendevano gas e proiettili di gomma, ed in cui sono stati contemporaneamente aperti innumerevoli processi, la nascita di un movimento di massa è stata ostacolata. Io, ogni giorno sto di fronte al tribunale. Sono stati aperti processi contro mia madre, contro la mia compagna. In questo modo, la minaccia ha cominciato a riguardare anche le famiglie.

Il fatto che gli atti di protesta non convergano deriva semplicemente da questi atti di repressione?

Riferendoci al film "Il silenzio degli innocenti", dovremmo dire "il silenzio dei sindacati". Io, per esempio, ho difficoltà a comprendere il silenzio del KESK [Confederazione dei sindacati dei lavoratori pubblici, membro del CSI e della CES]. Ci sono stati quasi 130 mila licenziamenti e quasi 3.500 di questi licenziati sono membri di KESK. Non sarebbe stato molto difficile mobilitare queste 3.500 persone. Ciò che facciamo non richiede sforzi sovrumani. Noi andiamo a sederci davanti al monumento dei Diritti umani, leggiamo le dichiarazioni-stampa ed affrontiamo la violenza della polizia. In Turchia, la gente non è vigliacca. Abbiamo visto, durante le proteste di Gezi, che la gente può farlo. Ma i sindacati si sono comportati come se non ci fossero speranze e, bloccando le rivendicazioni in una chiusura burocratica, hanno costantemente messo il freno al movimento di massa e lo hanno fermato. Non hanno saputo dirigere, oppure non hanno voluto dirigere. I sindacati sono diventati un meccanismo del clima di terrore

Come?

Fingendo di esser morti.

Perché?

Hanno pensato, "fingendo di esser morti, non ci saranno altri licenziamenti tra i nostri iscritti e noi, i dirigenti, non saremo arrestati". I sindacati sono diventati uno degli strumenti del clima creato dall’AKP.

Ma sappiamo che i leader del KESK (Confederazione) sono critici verso di te. Dicono che Gülmen e Özakça, nell’iniziare il loro sciopero della fame, non li hanno consultati e che anche questa azione gli è stata imposta e che chi conduce la protesta di Yüksel non è troppo entusiasta all’idea di un coordinamento con il sindacato.

Non dicono la verità. Io non provengo dalla stessa tradizione politica di Semih e Nuriye. Tutti lo sanno. Mi sono unito a questa protesta non prima di lunghe conversazioni e discussioni con Nuriye e Semih. Mi sono mosso sin dall'inizio con KESK. Il giorno del mio licenziamento ho tenuto una conferenza stampa con KESK. Poi ho cercato di partecipare a tutte le azioni e le riunioni organizzate da KESK intorno ai licenziamenti per decreti. Ma KESK si è sforzata principalmente di non far nulla e di frenare. Ad esempio, hanno organizzato qualcosa chiamato "Congresso sui licenziamenti", ma nessuna delle decisioni votate è stata mai applicata. D'altra parte, i sindacati o le persone non sono obbligati a venire a tutti i costi a Yüksel. Non sono obbligati ad iniziare uno sciopero della fame, come hanno fatto Nuriye e Semih, o a resistere nel modo in cui lo faccio io. Non esistono regole di questo genere. L'unica regola è resistere. Puoi protestare in altri spazi, in altri modi. Attualmente KESK versa in un tale stato da non poter nemmeno organizzare un sit-in sul viale Sakarya a Ankara. Stiamo parlando di un sindacato che non riesce neanche ad obbligare se stesso a farlo.

Ma a Istanbul, nei quartieri di Bakırköy e Kadıköy, c'è una protesta condotta da iscritti del KESK...

Sì, sono miei amici e so che non sono organizzati da KESK e che conducono questa protesta per propria iniziativa. Sono, come me, membri del KESK, ma scendono in strada di loro propria volontà. KESK non riesce nemmeno ad occuparsi dei suoi iscritti che protestano davanti ai loro luoghi di lavoro ad Ankara. Tuttavia KESK ha preso una mozione sulle "Mobilitazioni ed azioni davanti ai luoghi di lavoro". Il leader sindacale ha affermato: "Per colpa vostra, ci colpiscono"

Hai parlato di questo con loro?

Ho parlato con loro più volte. "Va bene, non venite a Yüksel, lì posso starci io, altri compagni possono essere presenti", gli ho detto, "ma non arretriamo dalle nostre posizioni, per esempio a Sakarya Avenue. Quando la polizia ci ordina di disperderci, non lasciamo i luoghi, restiamo di fronte ai nostri luoghi di lavoro, testardamente". Continuano a portarci in custodia. Dopo questa intervista, andrò a Yüksel e verrò messo in custodia un’altra volta. Anche domani sarò arrestato, e dopodomani... Se fossero cinquecento di noi, in spazi diversi, a coppie, e a rotazione, non saremmo più efficaci? Devo subire così tanta sofferenza? Si aspira alla leadership sindacale, si ottiene la direzione e poi non si fa nulla! Un leader del KESK ha detto ai giovani che hanno intrapreso azioni durante la commemorazione dell'attacco il 10 ottobre [Attacco alla stazione di Ankara, in occasione di una manifestazione per la pace, che ha ucciso 102 persone nel 2015] : "Per colpa vostra ci colpiscono"

Chi ha detto questo?

Non dico il nome, ma si tratta di uno dei leader più importanti del KESK. E lo ha detto ai giovani che non hanno obbedito alla polizia. Questa frase è stata pronunciata durante l'omaggio alle 102 persone massacrate. E non era indirizzata alla polizia, che ha usato i gas in uno spazio chiuso, ma ai giovani che hanno reagito a questa violenza. È grave. Non lo accetto. E allo stesso modo, rispondo loro: "Sono io ad essere colpito per colpa vostra". Noi veniamo picchiati perché voi non mobilitate il vostro sindacato di 250 mila iscritti, perché non prendete il comando, non mostrate la resistenza necessaria e, come dirigenti, non mettete la vostra mano sotto la pietra [espressione turca, "correre dei rischi"]. La mia critica è chiara e determinata. Ma questa critica non significa "Veli ha un piano di azione, un obiettivo e tutti devono seguirlo". Le azioni che conduco possono trovare sostenitori, o no... La gente può dire "quello che Veli dice non è giusto" e lo rispetto. Ma se quello che dico non è giusto, è loro compito mostrare ciò che è giusto, andare sul luogo [della protesta] con la loro propria visione e produrre parole ed azioni. Questi compagni – lasciando da parte le azioni - non hanno nemmeno commenti sui decreti. Riguardo al luogo [di protesta] io riesco a creare degli slogan, parlo, i quotidiani ed i siti web pubblicano le mie parole, sia che siano d’accordo come me o meno. Ma sugli stessi mezzi di comunicazione, noi non vediamo una sola dichiarazione da parte dei co-presidenti della KESK. Perché essi non fanno dichiarazioni, e anche se lo fanno, non dicono nulla di interessante, non riflettono sull’argomento e non hanno alcuna intenzione di trasformare queste azioni [in un movimento di massa].

Gli iscritti non costringono KESK a muoversi?

Lo hanno fatto, all'inizio. Ad Ankara, circa 250 iscritti sono stati licenziati, all'inizio siamo riusciti ad organizzare riunioni con un centinaio di persone. Non ho mai visto gli iscritti non licenziati porre una singola domanda al KESK su questo argomento. Abbiamo continuato a chiedere al sindacato: "Cosa dovremmo fare?" E la risposta che abbiamo avuto era sempre la stessa "Aspettate, prenderemo una decisione". Non hanno fatto niente. Ho detto a Nuriye e Semih "affidatemi il vostro sciopero della fame"

Il fatto che Nuriye Gülmen e Semih Özakça abbiano iniziato uno sciopero della fame è stato un elemento critico che ha portato questa protesta all'attenzione internazionale. Perché allora, non hai iniziato uno sciopero della fame?

Voglio tornare al mio lavoro e credo che uno sciopero della fame che rischia di finire con la morte non si trovi spazio in questa equazione. Ma Nuriye e Semih pensano che debba esser fatto in questo modo. Personalmente, penso che il mio punto di vista sia quello giusto, ma rispetto il loro. Il fatto di non pensare come loro, non si trasforma in un giudizio contro la loro scelta.

Sono stati lanciati molti appelli per Gülmen e Özakça, affinché fermino il loro sciopero della fame. Anche tu hai avanzato suggerimenti di questo tipo?

Dal 50° giorno, ho proposto ai miei compagni, "fermatevi, e farò io lo sciopero per 50 giorni". Ho proposto di trasformarlo in uno sciopero a rotazione. Ma quando hanno detto "questa è la nostra decisione e questo è ciò che faremo", ho rispettato la loro scelta. Da quel momento in poi non avrebbe avuto senso dire ai miei amici "perché fate lo sciopero della fame, questo non è il modo giusto". In ogni caso, nella mia pratica, faccio quello che è giusto per me. E i miei compagni, con le loro pratiche, affermano ciò che è giusto per loro. Quindi, abbiamo due modelli di azione davanti a noi: quello praticato da Nuriye e Semih e quello che io, Acun Karadağıın, Mehmet Dersulu e altri pratichiamo. Se altri, che non pensano come noi, propongono altre cose, non dirò mai loro: "perché fate così, perché protestate così?". Prendiamo l'esempio di un compagno di Bodrum, Engin Karataş [un insegnante]. Un giorno, egli scrive ovunque "Giustizia", usando del nastro da imballaggio, un altro giorno si lancia col paracadute, o si tuffa nel mare, un altro giorno scrive "Giustizia" usando delle corde marine, fa volare un palloncino con attaccato lo slogan "Voglio i miei studenti". Viene ad Ankara, cerca di sfuggire alla polizia e pone una frase sul Monumento per i Diritti Umani. Il maestro Engin, per quanto riguarda il modi di agire, non è ortodosso come me, ma compie ogni tipo di azione per dire con dignità "Voglio i miei allievi". E con tutto questo, cosa fa Egjitim-Sen [Sindacato degli Insegnanti, membro del KESK] al maestro Engin?

Cosa gli fa?

Il rappresentante del distaccamento di Bodrum gli dice: "Maestro, non venga a Eğitim-Sen, la polizia sta facendo pressione su di noi". E allora, a quel punto, ci terremo a distanza dalle azioni uniche compiute dal maestro Engin?

Pensi che la tua sia un'azione radicale?

No, non faccio niente di radicale, sono solo picchiato. Farsi picchiare può essere radicale?! Volto loro la schiena, e mi colpiscono in testa e mi danno dei calci. Davanti, mi spruzzano il viso coi gas lacrimogeni, colpiscono il mio corpo con proiettili di gomma. Io pratico la resistenza passiva, un'azione che si addice alla dignità di un lavoratore del settore pubblico. E se qualcuno mi dice: "Non è una azione giusta", parli attraverso la propria pratica, senza sfuggire.

Quali sono gli argomenti dei leader del KESK per rispondere alla tua critica?

"L'AKP lo ha vietato, la polizia attacca". Questo è il loro argomento. Vero, l'AKP lo ha vietato, la polizia attacca, ma io esco comunque in strada. Come è possibile una politica sindacale basata sul "mai essere presi in custodia"? Se Lami Özgen, copresidente di KESK, avesse dimostrato la volontà che io ho mostrato la prima volta che sono sceso per strada, oggi le cose sarebbero le stesse? Se avesse parlato, come considerava giusto, ovunque l’avesse ritenuto adatto, e avesse detto: "I miei iscritti hanno condotto questa azione seguendo le mie istruzioni ed io me ne assumo la responsabilità". Ciò non era possibile? Della nostra azione, essi dicono "la decisione non è stata presa in coordinamento col sindacato". Perché, allora, non rendono effettive le decisioni prese in coordinazione con il sindacato?

Quali decisioni erano state prese?

Ad esempio, era stato deciso di compiere azioni, ogni giorno della settimana, di fronte a tutte le istituzioni.

Quando è stata presa questa decisione?

Circa otto mesi fa. In effetti, ci sono decisioni del tipo "Nei luoghi importanti delle città, svolgeremo azioni della durata di quattro ore ogni giorno", "Svilupperemo strumenti di propaganda generalizzata contro lo stato di emergenza", tutte decisioni scritte e messe a verbale. Le decisioni che la KESK stessa ha preso non sono rispettate nemmeno dai membri del proprio consiglio di amministrazione.

Ascolta, l'azione di dieci minuti di KESK non mi soddisfa. Sono stato licenziato, ho una figlia, devo resistere. Io dico "io non vado a casa, io protesto" e mi rispondono "no, abbiamo deciso per un'azione di dieci minuti, i dieci minuti sono passati, tornatene a casa". Non possono dirmi questo, le loro decisioni sono a verbale.

Ci sono divergenze ideologiche tra te ed il sindacato?

No, non ci sono ideologie diverse. Io non dico a nessuno "tu sei di quella certa famiglia politica, ecco perché tu fai questo". Abbiamo una tradizione a KESK: la lotta legittima e attiva. Essa trae la sua forza non dalla legge, ma dalla legittimità. Cioè, se la tua azione è legittima, anche se la polizia te la vieta, tu la fai. Vado ogni giorno a Yüksel, e ciò che faccio è legittimo. Ma alcuni vanno sul viale Sakarya e la polizia dice loro "non restate qui, andate davanti al commissariato”, ed essi vanno a mettersi davanti al 5° commissariato...Io questo non lo accetto. Ascolta, quando alcuni manifestanti annunciano: "Per coloro che sono licenziati: chiudiamo gli occhi per un minuto e pensiamo a loro", la polizia dice "la vostra azione ha preso una forma illegale ed interverremo". Allora rispondono "va bene, ve bene, apriamo gli occhi". La situazione non sarebbe mai dovuta arrivare a questo punto.

Da quasi un anno, ti scontri quasi ogni giorno con la violenza della polizia. Qual è il tuo stato di salute?

Un dolore continuo al collo, una spalla rotta, non posso dormire su questo lato. Dopo uno strappo muscolare alla spalla sinistra, non posso fare alcuni movimenti. Ho ancora gli ematomi dell'ultimo intervento della polizia. Essendo stato costantemente colpito col gas, sono emersi alcuni problemi di respirazione. Avevo una vista eccellente, ora ci vedo meno bene.


Non ho mai attraversato un periodo in cui sono stato picchiato in questo modo, mattina e la sera.

Sei stanco?

Sono stanco! Non lo dico in senso negativo ma sì, sono stanco! Mi sono interessato alla politica dal 1993, ma da allora non sono mai stato coinvolto in un'azione che dura da quasi 350 giorni. Non ho mai sperimentato un momento simile, in cui vengo picchiato mattina e sera. Attualmente vivo in questo modo e sono stanco. L'ho detto molte volte: tante persone sono state licenziate, perché solo quattro, cinque persone ne sopportano il peso da sole? Questo fardello, ormai, ci deve esser tolto. Ascolta, il monumento ai diritti umani è il vanto di Ankara ed è attualmente circondato. Se i sindacati, l'Associazione dei diritti umani e organizzazioni di questo tipo non agiscono, si incontrino e organizzino almeno una campagna affinché il monumento sia "liberato". Il monumento ai Diritti umani è stato posto dietro le transenne, è una vergogna per tutti noi!

Il fatto che tu sia stanco significa che non scenderai di nuovo a Yüksel?

Personalmente, non voglio scendere a Yüksel in questo modo. Ma devo uscire in strada per lei e per lui. Nel momento in cui nessuno dice niente, io devo dire "il nostro lavoro, il nostro pane, la nostra libertà". Se non fosse proprio così, in questo momento starei con la mia compagna e con mia figlia che stanno a casa, a vivere come un qualsiasi essere umano. Ma poiché nessuno esce in strada, nessuno dice niente, io devo espormi. Come potrei voltare le spalle alla notizia che le quattro cinque persone che sono andate al mio posto sono state picchiate? Continuerò. Presto tornerò ad agire, sarò ancora cosparso di gas lacrimogeni, sarò ancora picchiato, sarò ancora messo in custodia.

C'è la possibilità che il governo possa risolvere la questione dello sciopero della fame.

Naturalmente, nel frattempo, lo sciopero della fame di Nuriye Gülmen, Semih Özakça e Esra Özakça continua. Pertanto, ogni giorno che passa, il rischio per le loro vite aumenta. A quanto pare, da parte del governo, non ci sarà alcuna evoluzione su questo tema...

Penso che ci sarà un'evoluzione. Questo sciopero della fame giunge al suo 222° giorno ed è un processo irreversibile. Anche se fossero liberati oggi, è un fatto purtroppo certo che la salute dei nostri amici rimarrà compromessa. Anche se conduciamo le nostre azioni in quattro o cinque di noi, sappiamo che il cuore della gente è con noi, i loro occhi sono su di noi. Lo Stato ci dà importanza. Pensa che questa azione possa generare una rivolta come quella di Gezi. Pertanto, affinché questa tensione non continui, credo che ci sia una possibilità che il governo possa risolvere la questione dello sciopero della fame per vie parallele.

Su questo argomento, ci sono segnali che noi non vediamo, ma che per te sono visibili?

Anadolu Ajansı [AA agenzia statale di stato] ha cominciato ad essere presente alle nostre conferenze-stampa...in qualche modo qualcosa sta accadendo. Alla conferenza-stampa di fronte all'Ospedale Numune, dove Nuriye è detenuta, anche AA era presente.

Ma non c'è altro segnale oltre a quello...

Penso che cercheranno di trovare un percorso parallelo con l’intermediazione della Commissione per lo stato d’emergenza o della CEDH. Il governo elaborerà una tattica, piuttosto che una soluzione. Nel frattempo, si andrà verso una formula che permetterà una pausa. Ma questo significa che i nostri amici perderanno la vita, e quando noi torneremo al nostro lavoro, ci siederemo sulle loro spoglie. E ciò sarà scritto con inchiostro indelebile sulla fedina del governo.

Durante questo anno sia HDP che CHP hanno tentato diversi approcci. Pensi che i partiti dell'opposizione si stiano assumendo le loro responsabilità?

Non posso affermare sia proprio così, ma abbiamo visto che il CHP (Partito popolare repubblicano) ha dato il suo sostegno, al di sopra di quanto tradizionalmente fa. Anche l'HDP (Partito democratico popolare) ci ha dato il suo sostegno. Molti deputati sono venuti a trovarci e molti iscritti e sostenitori di HDP hanno partecipato alle azioni insieme noi. E così hanno fatto anche gli altri partiti della sinistra socialista. Pur non essendoci stata una decisione a livello centrale, sono stati al nostro fianco. Comunque, l’CHP insiste ancora con approcci istituzionali. L'HDP è coerente con i suoi discorsi a livello politico. Sono contento di questo. Un dirigente di KESK proveniente dall'HDP, e un membro dell'HDP in politica, non prendono la stessa posizione. I membri dell'HDP che fanno attività politica sembrano molto più coerenti. Lo stesso vale per i membri del ÖDP (Partito della libertà e della solidarietà) e altri. Poiché capiscono che una breccia che si aprisse qui, influenzerebbe tutti i decreti e lo stato di emergenza.

Il fatto che il governo faccia un passo in una direzione che permetta a Gulmen e Ozakca di fermare il loro sciopero, non rappresenta, al tempo stesso, l’apertura di una breccia?

Ciò che il governo farà non ci importa, pensiamo a ciò che dobbiamo fare da soli. Da 350 giorni il governo sta dimostrando di non volere una soluzione. A volte, per diminuire l'effetto sull'opinione pubblica, diminuisce la violenza su di me, o su Acun. E quando alziamo le nostre voci, allora ci colpiscono dicendo "avete parlato troppo". Non sono riusciti a creare un equilibrio. Il governo vuol farci tacere, ma non tutto può andare d’accordo con i suoi desideri, la vita non va in questo modo. Questa testardaggine è una buona ostinazione, una testarda ostinazione.

Da mesi, quasi ogni giorno, affronti la polizia, e da un giorno all’altro non puoi immaginare da quale tipo di intervento sarai investito. Quando arrivi a Yüksel, qual è il tuo stato d'animo?

Non penso a cosa farà la polizia, ma a quello che devo fare io. In seguito al loro litigio con la Fratellanza [organizzazione del predicatore Fetullah Gülen, ex amico di Erdoğan, che è diventato il nemico pubblico n.1], con la quale non avevo alcuna connessione, essendo io un socialista, mi hanno licenziato. Inoltre, come se fossi stato privato della mia nazionalità, mi hanno tolto tutti i miei diritti, il mio diritto allo studio, a fondare una cooperativa, a viaggiare, andare all'estero, tutto. Se fossi stato condannato per l’appartenenza ad un'organizzazione [illegale], non sarei stato punito così duramente, ma quando si viene licenziati per decreto, succede questo. Hanno detto "Che mangino le radici di alberi" [così Osman Zabun, capo di AKP Isparta il 7 ottobre 2016]; hanno detto: "Quelli là li abbiamo trasformati in morti sociali" [un ministro AKP].

Non sono arrabbiato solo per motivi politici. Non vado in strada perché sono socialista. Io sono lì in veste di lavoratore licenziato del settore pubblico. E sono molto arrabbiato con loro. È una rabbia personale. Come dico, "non possono farci questo", dico anche "non possono farlo a me". Lo so, potrei essere subito ucciso da una capsula di gas. Possono far male ai miei amici. D'altra parte, quando arrivi, senti la paura. Essa nasce dal fatto di non sapere ciò che accadrà, ma una volta lì, tutto finisce. Alcuni giorni fa, hanno fatto qualcosa che non ho sopportato. Mi hanno buttato a terra ed hanno spinto i loro stivali sul mio braccio amputato. Un momento come questo è difficile da sostenere. Ma so anche che si faranno i conti per tutto ciò che ci è stato fatto. Non dico questo per fare agitazione, ma noi non stiamo scrivendo sulla sabbia, ma nella Storia. Prima ho chiamato "fascisti" coloro che ci hanno torturati. Ma per le persone che ci hanno ammanettato di schiena insieme a mamma Perihan, che ha 75 anni, non uso più termini politici. Ogni volta che pensiamo che non si spingeranno oltre, loro lo fanno. Ma ogni volta che si dicono, "questa volta avranno paura", noi non abbiamo paura. Questa testardaggine è una buona ostinazione, una solida ostinazione.

Noi vediamo solo la violenza sul viale Yüksel, ma non sappiamo cosa avviene durante la custodia. Sei sempre condotto in commissariato? Cosa succede dopo Yüksel?

Questa pratica cambia ogni volta. In ogni caso, non ci è mai stato detto quale fosse esattamente il nostro crimine. Negli ultimi giorni, per esempio, ci hanno gettati nel loro veicolo, picchiandoci e soffocandoci con i gas. Poi ci portano in ospedale e ci danno una multa di 227 lire turche, per "intralcio alla Legge sull’inciviltà", cioè per reati del tipo "gettare rifiuti sulla strada pubblica", e poi ci liberano. Prima, ci fermavano per "intralcio alla Legge sulle manifestazioni e sulle riunioni", e del resto per questo motivo ci sono numerose cause legali aperte contro di noi. Successivamente, hanno visto che ciò non funzionava. Allora hanno quindi aperto un processo contro Nuriye e Semih, per "appartenenza ad un'organizzazione [illegale]". In quel momento, ho fatto un appello al Ministro dell'Interno, dicendogli: "cerca un'organizzazione anche per me". Ed alla fine, mi hanno aggiunto al processo di Nuriye e Semih. Ormai, vado ogni giorno al commissariato per firmare [Controllo giudiziario]. Se io fossi membro di un'organizzazione, sarei in carcere da lungo tempo.

Quali prove vengono utilizzate per il capo d’accusa di "appartenenza ad un'organizzazione [illegale]"?

Le condivisioni su Twitter e Facebook riguardanti la nostra protesta a Yüksel. Un procuratore mi ha chiesto "da chi riceve istruzioni?" Gli ho detto: "lei non puoi farmi una domanda del genere, può solo affermare "abbiamo stabilito che stai ricevendo istruzioni da questo o da quello". Gli ho detto: "Lei ha dimenticato di inserire le prove nel fascicolo. Per favore, provi a cercarne prima del processo, altrimenti ciò costituirebbe un’offesa al suo lavoro". Sono socialista, sono rivoluzionario, non sono membro di un'organizzazione illegale. Sono sulla strada come lavoratore del settore pubblico, membro del KESK. Comunque, se fossi stato un membro di un'organizzazione, mi avrebbero arrestato molte volte.

Cosa è mancato, perché le cose giungessero a questo punto?

Se si fosse trattato di un normale governo borghese, non saremmo stati licenziati, e non ci sarebbero state tutte queste discussioni. Ma, visto come tutto ciò è accaduto, se il nostro sindacato fosse stato un po’ più organizzato per affrontare tutti questi licenziamenti, se i leader si fossero mobilitati dall'interno del sindacato, avremmo potuto respingerli. Ma purtroppo ognuno si è trasformato in uno strumento di questo clima di paura e ha fatto un passo indietro. Ci sono poliziotti che vengono da noi per scusarsi.

Secondo te, su questo cammino, coloro che sono stati licenziati sono stati sconfitti?

Finché Yüksel non sarà sconfitta, i licenziati non possono essere considerati sconfitti. Viale Yüksel è diventato una pietra angolare, ma ciò non è una cosa buona, è cattiva. La nostra azione non dovrebbe essere questa. Il fatto che la nostra volontà sia subordinata a quella del Prefetto e del Capo della polizia, il fatto di non poter pronunciare una parola senza la loro autorizzazione, è per noi umiliante.

Per mesi ti sei trovato faccia a faccia con la polizia su viale Yüksel. Dopo tutto questo tempo, c'è stato un cambiamento nella comunicazione tra te e loro?

Da ciò che ho sentito, una parte della polizia simpatizzerebbe per noi. Dicono, "fino a quando saranno questi qui ad occupare i notiziari, non sarà ancora arrivato il nostro turno" (ride). Per quanto riguarda l’altra parte, per accontentare il potere, i loro attacchi vanno molto al di là di quanto venga loro ordinato. Quando alcuni si rivolgono a me con "Veli", io dico loro "non potete rivolgervi a me col mio nome". Alcuni di coloro che mi spingono, poi vengono a scusarsi. Ma in generale riflettono: "in questa faccenda un giorno il vento potrebbe cambiare e Acun, Veli, che sono sempre in prima linea, potrebbero venire a presentarci il conto". Alcuni giorni se la prendono con i nostri sostenitori dicendo: "Acun e Veli possono farlo, ma voi che vi permettete di fare le stesse cose, chi credete di essere?" E quando andiamo in ospedale, i poliziotti che sembrano i più rispettabili riescono a dire "noi non abbiamo nulla a che fare con tutto ciò”...

Traduzione dal francese di Liliana Ciorra.

Dal Centro culturale Berkin Elvan (c/o Cantiere Sociale Versigliese)

Roma, 15 novembre presidio per Nuriye e Semih, Amb...
27 ottobre sciopero!
 

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