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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

(K. Marx)

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La notte che Pinelli... Con un brano tratto da: “Morte accidentale di un anarchico” di Dario Fo

La notte che Pinelli... Con un brano tratto da: “Morte accidentale di un anarchico” di Dario Fo

Era la notte fra un lunedì e un martedì di 46 anni fa quando il compagno Pino Pinelli, anarchico, ferroviere, fu precipitato dal quarto piano della Questura di Milano. Entrato in questura il venerdì pomeriggio con il suo motorino su richiesta di Calabresi, trattenuto illegalmente per più di tre giorni, sottoposto a continui interrogatori, con poche ore di sonno su una panchina e alimentato con panini, uscì dalla questura su una barella. I compagni di quel tempo quella storia la conoscono. Non ci sono misteri su piazza Fontana, non ci sono misteri sulla tragedia di Pinelli. Pino lo abbiamo conosciuto quando non c'era più, lo abbiamo amato e lo portiamo sempre con noi.

Quando Giuseppe Pinelli, anarchico milanese quarantenne, piomba a terra dal quarto piano della Questura di Milano, l’ingranaggio si inceppa. L’accurata strategia iniziata con le bombe alla Fiera nell’aprile del 1969 e proseguita con gli attentati del 12 dicembre dello stesso anno, si blocca miseramente davanti all’imprevedibile, ostinata resistenza di un modesto ferroviere che ha capito tutto. Che ha intuito quale tragedia si prospetta per il Paese, e per il movimento anarchico, se anche lui capitolerà. Pinelli si rifiuta di stare al gioco, anche se questo sembra ormai inarrestabile, e frappone se stesso ai disegni criminosi del potere. Comincia così a sgretolarsi la più grande, ingannevole montatura mai ordita nella giovane storia della nostra repubblica: ed è per fargli pagare questa responsabilità che l’anarchico viene scaraventato dalla finestra da uno stuolo di poliziotti frustrati dall’impossibilità di soddisfare i disegni dei loro padroni.
Quel giorno, con quella morte, cambia la storia del nostro paese. La Strage di Milano, infatti, non sarà più l’opera di anarchici assetati di sangue, ma il progetto reazionario di una consistente fetta dell’apparato di potere, e d’ora in poi si chiamerà più appropriatamente Strage di Stato. Si apre un nuovo periodo, cominciano gli anni settanta, anni di lotte, di grandi tensioni che segnano l’esistenza di una intera generazione, ma anche anni di grande generosità e intelligenza politica. Anni in cui una generazione ha ritentato "l'assalto al cielo".

È lapalissiano,
direi ovvio
di Dario Fo
 

MATTO Siamo appunto al primo tempo…andiamo per ordine: verso mezzanotte l’anarchico, preso da raptus, è sempre lei dottore che parla, preso da raptus si è buttato dalla finestra sfracellandosi al suolo. Ora, che cos’è il “raptus”? Dice il Bandieu che il “raptus” è una forma esasperata di angoscia suicida che afferra individui anche psichicamente sani, se in loro è provocata un’ansia violenta, un’angoscia disperata. Giusto?

QUESTORE E COMMISSARIO Giusto.

MATTO Allora vediamo, chi, che cosa ha procurato quest’ansia, quest’angoscia: non ci resta che ricostruire l’azione: tocca a lei entrare in scena, signor questore.

QUESTORE Io?

MATTO Sì, avanti: le spiace recitarmi il suo famoso ingresso?

QUESTORE Scusi, quale famoso?

MATTO Quello che ha determinato il raptus.

QUESTORE Signor giudice …ci dev’essere un equivoco, non l’ho fatta io quell’entrata, ma un mio vice, un collaboratore…

MATTO Eh, eh, non è bello buttare le responsabilità sui propri dipendenti, anzi è bruttino… Su, si riabiliti e reciti la parte…

COMMISSARIO SPORTIVO Ma signor giudice, è stato uno di quegli espedienti a cui si ricorre spesso… in ogni polizia, così per fare confessare l’indiziato.

MATTO Ma chi l’ha chiamata lei? Lasci parlare il suo superiore, per piacere! Ma sa che è un bel maleducato? D’ora in poi risponda solo se interrogato… capito? E lei dottore prego, mi reciti quest’entrata, in prima persona.

QUESTORE D’accordo. Le cose sono andate più o meno così: l’anarchico indiziato si trovava lì, proprio dove è seduto lei.
Il mio collabora… cioè io, sono entrato con una certa irruenza…

MATTO Bravo!

QUESTORE E l’ho aggredito!

MATTO Così mi piace!

QUESTORE Caro il mio manovratore, nonché sovversivo… devi piantarla di prendermi in giro…

MATTO No, no per favore…attenersi al copione.
(Mostra i verbali) Qui non c’è censura… non ha detto così!

QUESTORE Beh, sì, ha detto: hai finito di prendermi per il sedere!

MATTO S’è limitato al sedere?

QUESTORE Sì, glielo giuro.

MATTO La credo, vada avanti. Come ha chiuso?

QUESTORE Abbiamo le prove che le bombe alla stazione sei stato tu a metterle.

MATTO Quali bombe?

QUESTORE (abbassando il tono: discorsivo) Sto parlando dell’attentato del venticinque…

MATTO No, risponda con le stesse parole di quella sera. Immagini che sia io il ferroviere anarchico. Su, coraggio, quali bombe?

QUESTORE Non fare lo gnorri! Lo sai benissimo di che bombe parlo: quelle che avete messo nei vagoni alla stazione centrale otto mesi fa.

MATTO Ma voi le avevate davvero queste prove?

QUESTORE No, ma come le stava appunto spiegando il commissario prima, si trattava di uno di quei soliti inganni a cui si ricorre spesso noi della polizia…

MATTO Ah ah… che lenze… (E sferra una manata sulle spalle del questore che resta allocchito).

QUESTORE Però avevamo dei sospetti… Dal momento che l’indiziato era l’unico ferroviere anarchico di Milano… era facile arguire che fosse lui…

MATTO Certo, certo è lapalissiano, direi ovvio. Così, se è indubbio che le bombe in ferrovia le abbia messe un ferroviere, possiamo anche arguire di conseguenza che al palazzo di giustizia di Roma, quelle famose bombe le abbia messe un giudice, che al monumento al milite ignoto le abbia messe il comandante del corpo di guardia e che alla banca dell’agricoltura, la bomba sia stata messa da un banchiere agrario, a scelta.
(…)
MATTO ...e veniamo al fatto vero e proprio: al salto.

COMMISSARIO D’accordo.

MATTO Il nostro anarchico, preso da raptus, vedremo poi di ritrovare insieme una causa un po’ più credibile a questo folle gesto… si alza di scatto, prende la rincorsa… Un momento, chi gli ha fatto il “predellino”?

COMMISSARIO Come: il “predellino”?

MATTO Insomma, chi di voi si è messo accanto alla finestra con le dita intrecciate all’altezza del ventre: così. Per fargli appoggiare il piede…e: zam! Un colpo che gli fa sorpassare il parapetto al volo!

COMMISSARIO Ma che dice, signor giudice, vuole che noi…?

MATTO No, per carità, non scaldatevi… io domandavo così… pensavo che, essendo piuttosto altino come salto, con così poca rincorsa, senza aiuto dall’esterno… io non vorrei che qualcuno potesse mettere in dubbio…

COMMISSARIO Non c’è nulla da mettere in dubbio signor giudice, gliel’assicuro… ha fatto tutto da solo!…

MATTO Non c’era manco una predella di quelle da competizione?

COMMISSARIO No…

MATTO Il saltatore portava forse scarpe con tacchetti elastici alla Brumel?

COMMISSARIO No, nessun tacchetto…

MATTO Bene, cos’abbiamo: da una parte un uomo alto sì e no 1,60, solo, senza aiuto, privo di scale… dall’altra una mezza dozzina di poliziotti, che pur trovandosi a pochi metri, anzi uno addirittura presso la finestra, non fanno in tempo ad intervenire…

COMMISSARIO Ma è stato così all’improvviso…

AGENTE E lei non ha idea di come fosse agile quel demonio…io ho fatto appena in tempo ad afferrarlo per un piede.

MATTO Oh! Vedete, vedete che la mia tecnica della provocazione funziona: lei l’ha afferrato per un piede!

AGENTE Sì, ma mi è rimasta in mano la scarpa, e lui è andato di sotto lo stesso.

MATTO Non ha importanza. Importante è che sia rimasta la scarpa. La scarpa è la prova inconfutabile della vostra volontà di salvarlo!

COMMISSARIO Certo, è inconfutabile!

QUESTORE (alla guardia) Bravo!

AGENTE La ringrazio signor quest…

QUESTORE Zitto!

MATTO Un momento… ma qui qualcosa non quadra. (Mostra un foglio ai poliziotti) Il suicida aveva tre scarpe?

QUESTORE Come, tre scarpe?

MATTO E sì, una sarebbe rimasta tra le mani del poliziotto… L’ha testimoniato lui stesso qualche giorno dopo il fattaccio… (Mostra il foglio) Ecco qui.

COMMISSARIO Sì, è vero…L’ha raccontato ad un cronista del “Corriere della Sera”.

MATTO Ma qui, in quest’altro allegato, si assicura che l’anarchico morente sul selciato del cortile, aveva ancora ai piedi tutte e due le scarpe. Ne danno testimonianza gli accorsi, fra i quali un cronista dell’“Unità”, ed altri giornalisti di passaggio!

COMMISSARIO Non capisco come possa essere successo…

MATTO Neanch’io! A meno che quest’agente velocissimo abbia fatto in tempo, precipitandosi per le scale, a raggiungere un pianerottolo del secondo piano, affacciarsi alla finestra prima che passasse il suicida, infilargli la scarpa al volo e risalire come un razzo al quarto piano nell’istante in cui il precipitante raggiungeva il suolo.

QUESTORE Ecco, vede, riprende a fare dell’ironia!

MATTO Ha ragione, è più forte di me… mi scusi. Dunque, tre scarpe… Scusate, non vi ricordate se per caso fosse tripede?

QUESTORE Chi?

MATTO Il ferroviere suicida… se per caso aveva tre piedi, è logico portasse tre scarpe.

QUESTORE (seccato) No, non era tripede!

MATTO Non si secchi, la prego… a parte che da un anarchico ci si può aspettare questo ed altro!

AGENTE Questo è vero!

QUESTORE Zitto!

COMMISSARIO Che guaio, per la miseria… bisogna trovare una ragione plausibile, se no…

MATTO L’ho trovata io!

QUESTORE Sentiamo.

MATTO Eccola: Senz’altro una delle scarpe gli era un po’ grande, e allora, non avendo un sottopiede a portata di mano, ha infilato un’altra scarpa più stretta, prima di infilare quella larga.

COMMISSARIO Due scarpe nello stesso piede?

MATTO Sì, che c’è di strano?… come con le calosce, vi ricordate? Quelle soprascarpe di gomma che si portavano una volta…

QUESTORE Appunto, una volta.

MATTO Ma c’è chi le porta ancora… anzi, sapete che vi dico? Che quella che è rimasta fra le mani dell’agente non era una scarpa, ma una caloscia.

COMMISSARIO Ma no, è impossibile: un anarchico con le calosce!… roba da gente all’antica… da conservatori…

MATTO Gli anarchici sono molto conservatori…

QUESTORE Già, ed è per questo che ammazzano i re!

MATTO Certo, per poterli conservare imbalsamati…
Se uno aspetta che i re muoiano vecchi, incartapecoriti, consunti dalle malattie, poi si disfano, si decompongono, non si riesce più a conservarli…Invece così, ammazzati di fresco…
 

Tratto da: Dario Fo, Morte accidentale di un anarchico, Torino, 1974.

 

 

 

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Ospite - Giancorrado Barozzi (MN) il Giovedì, 21 Maggio 2020 16:10

Quella notte a Milano era caldo/ma che caldo, che caldo faceva/....

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