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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

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Elogio dell’ineleganza e del conflitto di classe

Aboubakar-Soumahoro-1

In questi giorni ci è stato chiesto un giudizio, una riflessione sulla vicenda giudiziaria e politica che vede coinvolta la famiglia del parlamentare di Sinistra Italiana Aboubakar Soumahoro. Vicenda che, al di là di valutazioni moralistiche, finirà con il gettare discredito sul conflitto di classe e sulle pratiche sindacali, alimentando i luoghi comuni sul sindacalismo in un'ottica qualunquista e essenzialmente filo padronale.

Ai nostri occhi la questione giudiziaria è irrilevante. La vicenda di Soumahoro deve essere affrontata in termini politici, lasciando le aule giudiziarie alla sinistra “questurina” e alla giustizia borghese, verso la quale non nutriamo alcuna aspettativa.

Da questa analisi emerge chiaramente una contraddizione di fondo: chi opera in termini conflittuali non può gestire o far gestire da familiari cooperative che in questo sistema sono funzionali a ridurre ai minimi termini il costo del lavoro e rappresentano uno strumento di cogestione con quel sistema che dovremmo contrastare giorno dopo giorno. Chi, anche animato da buoni propositi, si mette l’abito del padrone, non può che agire secondo quelle logiche: massimizzazione dello sfruttamento dei lavoratori e paghe irrisorie a fronte di un giro d’affari sempre crescente.

Che questo fosse il modo di agire delle cooperative e delle onlus dei familiari di Soumhaoro era noto a molti. In rete troverete denunce documentate di esponenti della Cgil, di Sinistra Italiana, del volontariato cattolico e di esponenti del Sicobas. Per cui nessuno, e men che mai Sinistra Italiana, potrà dirsi sorpreso dalle ultime notizie di cronaca.

Ma la scelta di avanzare comunque la sua candidatura risponde a una logica da troppo tempo fatta propria anche da settori della sinistra “conflittuale” (alla quale non ascriviamo Sinistra Italiana e Verdi, eterne mosche cocchiere del Partito Democratico): in un tempo di debolezza della sinistra classista si è diffusa la convinzione, errata, che la discesa in campo di un simbolo, di un "eroe", possa essere una scorciatoia che si ritiene di dover percorrere.

Ma la visibilità mediatica gioca brutti scherzi a chiunque, e ci viene il sospetto che sia stato costruito ad arte un personaggio attribuendogli meriti “personali” che invece erano riconducibili a lotte sindacali alle quali aveva preso parte. Un tempo dicevamo: "gli eroi sono gli uomini e le donne che lottano”.

Ci sono in Italia decine di sindacalisti immigrati che operano alla luce del sole, senza ricevere riconoscimenti pubblici e ospitate in tv per la loro costante opera a sostegno degli sfruttati. Costoro ricevono invece spesso attenzioni morbose da parte delle questure, e sono invece oggetto costante di repressione, con tanto di denunce, arresti e multe.

Questi militanti non hanno tempo e soldi per esaltare l'eleganza, arrivano a malapena a fine mese, eppure su di loro non viene spesa una parola anche dalla sinistra che un tempo fu radicale.

Ci auguriamo che i media cessino di parlare di queste tristi vicende, tanta pubblicità nuoce a quanti confliggono con lo stato delle cose presenti, porta acqua invece al mulino del qualunquismo che potrà agire indisturbato nella denigrazione dello strumento sindacale.

Non aggiungiamo altro se non una semplice conclusione andreottiana, non ce ne vogliamo i lettori: il potere logora chi non ce l'ha, e infatti per un briciolo di visibilità c’è chi è pronto a svendere anni di lotte, costate sudore, manganellate, giorni di paga a migliaia di invisibili in lotta.

Ma il potere per noi è ben altro dal raggiungimento di visibilità individuale, è mettere a disposizione i nostri corpi e le nostre menti di un progetto di resistenza e di conflitto.

Redazione di Lotta Continua

 

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