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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

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25 Aprile? Evitiamo fiumi di retorica.

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25 Aprile? Evitiamo fiumi di retorica.

 Abbiamo qualcosa per cui festeggiare il 25 Aprile 2023? Noi pensiamo di no, tra celebrazioni ufficiali e manifestazioni in tono minore di singoli gruppi abbiamo smarrito nel tempo le ragioni per le quali mobilitarsi in nome dell'antifascismo o lo si fa in maniera funzionale a qualche cartello elettorale o perfino per legittimare la guerra Nato in Ucraina.

Da troppi anni ormai il 25 Aprile è solo una festa sul calendario, occasione per gite approfittando magari di un ponte che permetta di assentarsi per più giorni dal lavoro.

Il 25 Aprile di questo anno presentava tuttavia innumerevoli motivazioni che in buona parte non sono state utilizzate come logica e attualizzazione della storia passata avrebbero suggerito.

Quando si parla di liberazione dal nazifascismo dovremmo innanzitutto comprendere che allora c'era chi combatteva per la libertà, per la democrazia e l'uguaglianza sociale e quanti invece avevano scatenato guerre, olocausto, deportazioni, omicidi politici e si trovavano dalla parte opposta della barricata.

Ci sono state innumerevoli fratture storiche e politiche nei decenni della Prima e Seconda Repubblica ma a parte gli eredi del fascismo a nessuno veniva in mente di contestare il 25 aprile come atto fondativo di una democrazia pur imperfetta che aveva visto protagonisti cattolici, repubblicani, socialisti e comunisti ma anche la stragrande maggioranza della DC.

Per decenni si è parlato di Resistenza in termini parziali omettendo la partecipazione di anarchici, della sinistra comunista e di quanti all'indomani della Liberazione decisero di riprendere le azioni contro i fascisti come la Volante Rossa i cui membri vennero incarcerati e costretti all'esilio.

Gli storici, anche di sinistra, impiegarono decenni prima di riconoscere che nel fronte antifascista si trovavano settori restii ad accettare l'amnistia Togliatti del 1946 e una pacificazione che permise a uomini del passato regime di tornare indisturbati ai loro posti, a dirigere Questure, Prefetture, uffici.

Molti degli industriali e degli agrari che sostennero il fascismo passarono velocemente nelle fila dell'antifascismo per salvaguardare i loro profitti e continuando a sfruttare la forza lavoro.

E contro i salariati scatenarono negli anni Cinquanta e sessanta una feroce repressione nelle piazze, allora l'antifascismo era coniugato con la lotta sindacale, sociale e politica.

Non mancarono fascisti riciclati che negli anni Sessanta e settanta parteciparono attivamente alla strategia della tensione o animarono Gladio sotto la tacita protezione della Nato

E i militarismi sono sempre in auge come dimostra l'operazione di revisionismo storico e politico strisciante che ha portato a celebrare le battaglie fascistissime trasformando le scuole di ogni ordine e grado in platee ad uso e consumo di una rilettura della storia passata.

L'egemonia delle classi dominanti non ha più bisogno della retorica antifascista e per questo oggi politici e amministratori pensano inutile festeggiare il 25 aprile che giudicano una data divisiva 

E sempre le classi dominanti oggi scatenano la loro egemonia culturale in varie forme, dal revisionismo storico e politico a una rilettura parziale e volutamente omissiva del fenomeno resistenziale.

Il 25 aprile nostro non è quello delle manifestazioni ufficiali, non si identifica nell'utilizzo dell'antifascismo in chiave elettorale, storicamente siamo tra quanti ritengono l'esperienza degli Arditi del Popolo esemplificativa di cosa abbia rappresentato l'antifascismo come elemento conflittuale, unificante e di classe.

E allora riprendiamo l'insegnamento degli Arditi, degli operai che dettero vita agli scioperi del 1943\44, di quanti scelsero la lotta partigiana e di chi continuò dopo il 1945 a confliggere con i padroni perché rappresentano una fonte di insegnamento per combattere,  ancora oggi, non solo l'egemonia culturale e politica dei dominanti ma anche il nemico di classe, per difendere le classi popolari senza quel consociativismo che ha depredato nei luoghi di lavoro il potere di acquisto e di contrattazione

A cura della redazione pisana di Lotta Continua

Da: https://delegati-lavoratori-indipendenti-pisa.blogspot.com

 

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