«Piombo con piombo», Il 1921 e la guerra civile italiana, a cura di Giorgio Sacchetti

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«Piom­bo con piom­bo», Il 1921 e la guer­ra civi­le ita­lia­na, a cura di Gior­gio Sac­chet­ti

Roma, Caroc­ci, 2023, pp. 438, € 42.00.

Seb­be­ne in linea con i pro­dot­ti edi­to­ria­li desti­na­ti all’ambito acca­de­mi­co, il prez­zo di coper­ti­na, volen­do inve­ce ragio­na­re in ter­mi­ni divul­ga­ti­vi (public histo­ry), si pre­sen­ta ad ora proi­bi­ti­vo. Si trat­ta del­la pub­bli­ca­zio­ne degli atti di un con­ve­gno sul cen­te­na­rio del 1921, nel­le inten­zio­ni per­ché, quel cen­te­na­rio, ha noto­ria­men­te coin­ci­so con le misu­re anti­pan­de­mi­che, per cui il cor­po­so volu­me, come altre ana­lo­ghe e coe­ve ini­zia­ti­ve, resti­tui­sce una for­ma mista di even­ti in pre­sen­za, in remo­to e con­tri­bu­ti per iscrit­to. Ne vie­ne fuo­ri un sag­gio con­si­sten­te di natu­ra mul­ti­di­sci­pli­na­re, gio­co­for­za desti­na­to ad esse­re testo di rife­ri­men­to per la ricer­ca sul­la con­flit­tua­li­tà del Pri­mo dopo­guer­ra in Ita­lia.

La foto di coper­ti­na riman­da ad uno dei momen­ti più signi­fi­ca­ti­vi del “ven­tu­ni­smo”: la lapi­de posta dopo la Libe­ra­zio­ne in ricor­do dei Fat­ti di Sar­za­na del 21 luglio 1921, un po’ cul­mi­ne del­la dis­ser­ta­zio­ne cen­tra­le di que­sti atti. E difat­ti, que­sta si com­ple­ta con il tito­lo, cita­zio­ne de l’Inno del­la rivol­ta, can­to appar­so in occa­sio­ne pro­prio dei Moti del­la Luni­gia­na del 1894, mani­fe­sto dell’anarchismo indi­vi­dua­li­sta in Ita­lia e che Fran­ce­sco Guc­ci­ni con­si­de­ra un po’ il non­no incon­sa­pe­vo­le de La Loco­mo­ti­va.

Le fon­da­men­ta di que­sto con­ve­gno sono, non a caso, occu­pa­te dall’analisi del pen­sie­ro anar­chi­co a retro­ter­ra del perio­do esa­mi­na­to, nel­la fat­ti­spe­cie sul­la divi­sio­ne, di fon­do e con­tem­plan­do le varie sfu­ma­tu­re, tra orga­niz­za­to­ri ed anti­or­ga­niz­za­to­ri, cioè tra poli­ti­ci, indub­bia­men­te rap­pre­sen­ta­ti dal­la figu­ra cen­tra­le di Erri­co Mala­te­sta, ed indi­vi­dua­li­sti, fau­to­ri cioè dell’azione diret­ta sen­za tat­ti­che, del gesto indi­vi­dua­le, in poche paro­le: dell’attentato che rive­ste fun­zio­ne ven­di­ca­ti­va ed esem­pla­re assie­me. Una dia­tri­ba su cui la Gran­de guer­ra ed il dibat­ti­to sull’intervento che l’aveva anti­ci­pa­ta, scuo­ten­do gran­de­men­te gli ambien­ti anar­chi­ci,  avreb­be­ro fat­to da deto­na­to­re, fuor di meta­fo­ra, ver­reb­be da aggiun­ge­re.

Per­ché ora, con la Pri­ma guer­ra mon­dia­le, la vio­len­za, gra­zie anche alla mas­sic­cia dif­fu­sio­ne del­le armi da fuo­co in dota­zio­ne dei pri­va­ti, è pene­tra­ta in tut­ti i com­por­ta­men­ti socia­li e civi­li, com­pre­si ovvia­men­te quel­li ine­ren­ti l’azione poli­ti­ca. Ed il 23 mar­zo del 1919 è nato a Mila­no un movi­men­to poli­ti­co che ha tut­ta l’aria di voler sfrut­ta­re e capi­ta­liz­za­re que­sta irru­zio­ne del­la vio­len­za, di far­si “pro­pa­gan­di­sta del fat­to”, ben pre­sto a ser­vi­zio del­la rea­zio­ne e dei ceti pri­vi­le­gia­ti, a dife­sa del­la Nazio­ne con­tro le for­ze disgre­ga­tri­ci: quel­lo dei Fasci ita­lia­ni di com­bat­ti­men­to.

Soprag­giun­ge quin­di quest’elemento ine­di­to, carat­te­riz­za­to dal­la cen­tra­li­tà del­la vio­len­za e fina­liz­za­to a scom­pa­gi­na­re un movi­men­to ope­ra­io, del tut­to impre­pa­ra­to allo scon­tro, col­pen­do­lo nel­le sue arti­co­la­zio­ni di base e negli enti loca­li da esso ammi­ni­stra­ti. È la guer­ra di movi­men­to inau­gu­ra­ta con l’assalto alla Reda­zio­ne mila­ne­se de “l’Avanti!”, 15 apri­le 1919, e che avreb­be visto al suo fian­co tut­te quel­le for­ze inten­zio­na­te ad arre­sta­re con ogni mez­zo l’avanzata pro­le­ta­ria, indi­pen­den­te­men­te da pos­si­bi­li sboc­chi rivo­lu­zio­na­ri.

E qui venia­mo al sot­to­ti­to­lo: “la guer­ra civi­le ita­lia­na”. Si è a vol­te par­la­to di quel perio­do che va, appun­to, dal 15 apri­le del 1919 al discor­so di Mus­so­li­ni del 3 gen­na­io 1925, e cul­mi­na­to nel 1921, come di una guer­ra civi­le dimen­ti­ca­ta, una guer­ra civi­le stri­scian­te, poi­ché, all’interno di una stes­sa cit­ta­di­nan­za, si sono viste vio­len­te­men­te fron­teg­gia­re del­le fazio­ni, con cen­ti­na­ia di mor­ti a segui­to. La con­tro­te­si a riguar­do vuo­le che il prin­ci­pio usa­to, e comun­que al suo tem­po non sen­za scan­da­lo, da Clau­dio Pavo­ne per il 1943–45 non sia appli­ca­bi­le al 1919–25, in quan­to, aldi­là del­le posi­zio­ni valo­ria­li, non c’erano qui due par­ti che si com­bat­te­va­no: solo una era orga­niz­za­ta in armi per col­pi­re, quel­la fasci­sta. La dispu­ta si esten­de anche alla ripar­ti­zio­ne tra Bien­nio ros­so 1919–20) e Bien­nio nero (1921–22) e sul­la fon­da­tez­za sto­rio­gra­fi­ca del­le mede­si­me perio­diz­za­zio­ni: para­me­tri, stan­do ad alcu­ne tesi, del tut­to con­ven­zio­na­li. Que­stio­ni non risol­vi­bi­li in modo defi­ni­ti­vo e, qua­lo­ra lo fos­se­ro, ver­reb­be ad ogni modo meno la fun­zio­ne del­la ricer­ca sto­rio­gra­fi­ca.

E venia­mo allo­ra a quel­lo che è l’elemento se si vuo­le ine­di­to del­la pub­bli­ca­zio­ne, rispet­to alla ormai for­tu­na­ta­men­te vasta biblio­gra­fia sul perio­do in ogget­to. Per rag­giun­ger­lo biso­gna pren­de­re atto di due aspet­ti: geo­gra­fi­co e cro­no­lo­gi­co. L’area su cui gli inter­ven­ti mag­gior­men­te si con­cen­tra­no è quel­la tosca­na ed emi­lia­no – roma­gno­la; il perio­do è quel­lo che va dall’autunno del 1920 alla pri­ma­ve­ra del 1921. I due aspet­ti van­no poi rela­zio­na­ti all’incedere dell’offensiva fasci­sta che pog­gia sul­le dina­mi­che, come scrit­to, del­la guer­ra di movi­men­to. Dun­que, la comu­ni­ca­zio­ne viag­gia­va già in tem­po rea­le, con tele­gra­fo e tele­fo­no e, quin­di, in tem­pi bre­vi si era dif­fu­sa, cer­to qua­si esclu­si­va­men­te tra ceti medi ed alti, stu­den­ti ed intel­let­tua­li, la sim­pa­tia ver­so il Fascio ma non l’agibilità e la pre­sa poli­ti­ca sui ter­ri­to­ri. Per­ciò era neces­sa­rio l’intervento manu mili­ta­ri, il qua­le, come si è visto, era ini­zia­to da Mila­no per scen­de­re man mano ver­so sud. Nell’autunno 1920 l’offensiva è atte­sta­ta nell’Italia Cen­tro – set­ten­trio­na­le. Un atte­sta­men­to cul­mi­na­to tra­gi­ca­men­te a Bolo­gna, con la Stra­ge di palaz­zo d’Accursio. Le inten­zio­ni del fasci­smo ormai sono alquan­to niti­de, pale­se è la pas­si­vi­tà – con­ni­ven­za del­le for­ze dell’ordine; cio­no­no­stan­te, i diri­gen­ti del­le prin­ci­pa­li isti­tu­zio­ni pro­le­ta­rie, il Par­ti­to socia­li­sta e la Con­fe­de­ra­zio­ne gene­ra­le del lavo­ro, non for­ni­sco­no indi­ca­zio­ni su come fron­teg­gia­re que­sta vio­len­za che pure si rivol­ge in lar­ghis­si­ma par­te con­tro la loro base. Un’esigenza che, indi­ca­ti­va­men­te, si sareb­be inve­ce fat­ta lar­go in seno al mon­do com­bat­ten­ti­sti­co.

Ed ecco, quin­di, una rispo­sta spon­ta­nea, non orga­niz­za­ta, pri­va di equi­pag­gia­men­ti o finan­zia­men­ti, di gen­te di popo­lo che impu­gna le armi e abbat­te i fasci­sti in vena di aggre­di­re o chi scam­bia per tali. È assai signi­fi­ca­ti­vo che tut­ti que­sti epi­so­di di san­gue, se si eccet­tua Sar­za­na, che ne rap­pre­sen­ta un po’ una coda, sia­no avve­nu­ti pri­ma del­la nasci­ta degli Ardi­ti del popo­lo che, pro­prio in base a que­sto dato, aven­do asse­gna­to all’autodifesa digni­tà d’organizzazione, potreb­be­ro aver posto un argi­ne alla vio­len­za spon­ta­nea ed incon­trol­la­ta. Va da sé, un ele­men­to che, qua­lo­ra fos­se sta­to ai tem­pi còl­to da qual­cu­no, non ha di cer­to scon­giu­ra­to la loro mes­sa fuo­ri­leg­ge e la per­se­cu­zio­ne da par­te del­lo Sta­to libe­ra­le.

Il pri­mo degli epi­so­di di cui sopra, su cui si sareb­be­ro sca­te­na­te tre­men­de rap­pre­sa­glie e repres­sio­ni e su cui il fasci­smo avreb­be basa­to par­te non indif­fe­ren­te del­la pro­pria pro­pa­gan­da, è quel­lo di Empo­li, quan­do, il 1° mar­zo 1921, dei mari­nai diret­ti in con­vo­glio da La Spe­zia a Firen­ze, scor­ta­ti dai cara­bi­nie­ri, ven­go­no scam­bia­ti per dei fasci­sti e pre­si d’assalto: otto muo­io­no per col­pi d’arma da fuo­co, col­tel­li e per­cos­se, uno affo­ga­to nell’Arno su cui ave­va ten­ta­to la fuga.

Ampio spa­zio, for­se per­ché l’episodio pre­sen­ta carat­te­re più ine­di­to, è poi dedi­ca­to ai Fat­ti di Ren­zi­no, fra­zio­ne di Foia­no, nel­la Pro­vin­cia di Arez­zo. Qui, 17 apri­le del 1921, due camion di fasci­sti, che stan­no tor­men­tan­do la zona, men­tre sono diret­ti al Capo­luo­go ven­go­no pre­si d’assalto da un grup­po di appar­te­nen­ti alle for­ze pro­le­ta­rie che ne ucci­do­no tre e ne feri­sco­no altret­tan­ti.

Altro fat­to su cui ci sono diver­si riman­di è quel­lo rela­ti­vo all’uccisione a Firen­ze del gio­va­ne fasci­sta Gio­van­ni Ber­ta, che, pas­san­do in bici­clet­ta, veni­va nota­to per il distin­ti­vo del Fascio all’occhiello da un grup­po di ope­rai in agi­ta­zio­ne a segui­to dell’uccisione di Spar­ta­co Lava­gni­ni, accol­tel­la­to e get­ta­to nell’Arno, il 28 feb­bra­io 1921.

Roma com­pa­re in un capi­to­lo ine­ren­te le mobi­li­ta­zio­ni con­tro il III Con­gres­so nazio­na­le dei Fasci del novem­bre 1921: le Quat­tro gior­na­te di Roma.

C’è poi una sto­ria qui cen­tra­le quan­to a sé stan­te di quel 1921, poi­ché non ine­ren­te alla guer­ra di movi­men­to pur ali­men­tan­do­la, vale a dire l’attentato al tea­tro Dia­na del 23 mar­zo. Nel ritro­vo del­la bor­ghe­sia mila­ne­se, men­tre sta­va per ini­zia­re lo spet­ta­co­lo La Mazur­ka blu, una tre­men­da esplo­sio­ne cau­sa­va 21 mor­ti ed 80 feri­ti. L’azione era sta­ta com­piu­ta da un grup­po di anar­chi­ci indi­vi­dua­li­sti per recla­ma­re la scar­ce­ra­zio­ne di Mala­te­sta, il qua­le, indi­gna­to per il ter­ri­bi­le gesto, sospen­de­va lo scio­pe­ro del­la fame in atto. La que­stio­ne si fa qui spi­no­sa e tut­to­ra non man­ca­no diver­se inter­pre­ta­zio­ni dell’accaduto: seb­be­ne non tut­te le cir­co­stan­ze del fat­to sia­no sta­te ine­qui­vo­ca­bil­men­te chia­ri­te, è da esclu­de­re che l’obiettivo dell’attentato fos­se l’abitazione del Que­sto­re Gio­van­ni Gasti, che era altro­ve, o che fos­se a carat­te­re dimo­stra­ti­vo, vista la quan­ti­tà di esplo­si­vo impie­ga­ta.

La penul­ti­ma par­te del­la mono­gra­fia è inti­to­la­ta Rap­pre­sen­ta­re il 1921 ed affron­ta un ter­re­no non par­ti­co­lar­men­te esplo­ra­to, vale a dire la memo­ria di quell’anno attra­ver­so le testi­mo­nian­ze ed i ricor­di tra­man­da­ti dal­la tra­di­zio­ne ora­le e dal­la nar­ra­ti­va. Tor­na­no qui i Fat­ti di Ren­zi­no, anche attra­ver­so un capi­to­lo riguar­dan­te l’ottava rima. In meri­to al cine­ma, c’è un note­vo­le inter­ven­to cir­ca i due film pro­pa­gan­di­sti­ci del Regi­me fasci­sta sul perio­do giun­ti a noi: Cami­cia nera, di Gio­vac­chi­no For­za­no, e Vec­chia guar­dia, di Ales­san­dro Bla­set­ti.

Chiu­de il lavo­ro la tavo­la roton­da con­clu­si­va, inti­to­la­ta Guer­ra civi­le e vio­len­za poli­ti­ca.

La cura del sag­gio è di Gior­gio Sac­chet­ti. Gli stu­dio­si che han­no con­tri­bu­to sono: Enri­co Acciai, Fran­ce­sco Bel­lac­ci, Pao­la Ber­ton­ci­ni, Loren­zo Ber­tu­cel­li, Mar­co Bet­ti, Giu­lio Bigoz­zi, Lau­ra Bot­tai, Rober­to Caroc­ci, Mir­co Car­ret­tie­ri, Paul Cor­ner, Fabio Degli Espo­sti, Pie­tro Di Pao­la, Fabio Fab­bri, John Foot, Andrea Gia­co­ni, Iva­no Gra­na­ta, Sal­va­to­re Man­ni­no, Pie­tro Masiel­lo, Iara Melo­ni, Lui­gi Nepi, Gui­do Pan­vi­ni, Ele­na Papa­dia, Pao­lo Pez­zi­no, Andrea Rapi­ni, Gior­gio Sac­chet­ti, Anto­nio Sen­ta, Ema­nue­le Upi­ni, Andrea Ven­tu­ra e Rodol­fo Vit­to­ri.

Sil­vio Anto­ni­ni    

 

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