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«Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente. Le condizioni di questo movimento risultano dal presupposto ora esistente»

(K. Marx)

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Pensieri di inizio 2020

buon

L'anno 2019 si è chiuso con alcune storie di ordinaria repressione ai danni di operai, solidali e attivisti sociali\ambientali, non prima di avere visto approvata una manovra di Bilancio destinata ad accordare favori a destra e sinistra senza rimettere in discussione le scelte dirimenti per l'economia.

È ormai acclarato che le privatizzazioni non siano più tabù, da autostrade al ponte Morandi, dalle infrastrutture alle spese sanitarie non mancano esempi eloquenti di come l'economia predatoria abbia accumulato profitti sulla nostra pelle, con servizi pubblici scadenti e forza lavoro sottopagata.

Privato è bello e conveniente, il leit motive degli anni Ottanta e novanta (ma fino alla crisi del 2008 sempre attuale) si sta dimostrando l'inganno del secolo, a crederci sono stati anche i sindacalisti e i lavoratori che quelle privatizzazioni hanno subito in termini di contrazione dei salari e dell'occupazione, aumento dell'età pensionabile, riduzione del potere contrattuale e degli spazi di democrazia.

Ma a negare l'evidenza dei fatti ci ha pensato l'ideologia vincente, quel mix tra privatizzazioni, libero mercato, riformismo d'accatto se paragonato al riformismo dei gloriosi 30 anni nei quali si statalizzava l'energia e si investivano capitali nell'ammodernamento del paese.

Il riformismo d'accatto ha agito come le mosche cocchiere del capitale e alla fine ha assoldato nel suo esercito truffaldino sindacalisti, politici, intellettuali smemorati.

L'inizio delle privatizzazioni avviene con la sconfitta della classe lavoratrice: in Italia ai cancelli della Fiat e ancor prima con la svolta dell'Eur all'inizio della seconda metà degli anni Settanta, in Usa con la sconfitta della classe operaia nei primi settanta e la repressione di Reagan con il licenziamento degli operatori di volo in sciopero, in Gran Bretagna con la repressione delle lotte dei minatori e migliaia di licenziamento, la desertificazione sociale immortalata nei film di Ken Loach.

Mettere K.O la classe lavoratrice è stato indispensabile per affermare il mantra delle privatizzazioni, poi da lì è iniziato non solo il declino della classe operaia e del sindacato ma sono partiti anche i processi di ristrutturazione capitalistica conditi con la ideologia dominante, i compromessi al ribasso, il trasformismo politico, si è affermato il carattere predatorio del neoliberismo privatizzatore.

Chi parte dal crollo del Muro di Berlino sbaglia profondamente e non individua proprio negli anni Settanta l'apice delle lotte operaie e al contempo l'inizio dell'offensiva liberista, non vuole vedere la crisi inarrestabile degli accordi di Bretton Woods (che hanno retto dal 1945 ai primi anni settanta), gli effetti della crisi petrolifera e della crisi di accumulazione.

Alcuni economisti da anni mettono in discussione il parametro del Pil come indicatore del benessere di una nazione, c'è chi ha iniziato a parlare dell'economia fondamentale focalizzando l'attenzione sull'acqua, sulle scuole, sulla sanità e la cura alle persone, si sta affermando l'idea che siano stati proprio gli affari e la speculazione la causa dell'impoverimento progressivo nei paesi a capitalismo avanzato e della crisi ambientale.

In 30 anni le rendite e i profitti, gli utili e i dividendi tra gli azionisti hanno rappresentato un oceano di denaro sottratto al sociale e a vantaggio di pochi, si è allargata la forbice sociale e salariale, arrestata la mobilità sociale, aumentati i tempi di lavoro a discapito di quelli di vita. Tutti i settori dell'economia fondamentale sono stati soggetti a feroci processi di privatizzazioni, dall'acqua alla energia, dai cosiddetti beni comuni ai trasporti, hanno perfino depauperizzato scuola e istruzione.

Il prodotto di questi processi predatori è sotto i nostri occhi e spinge anche settori del capitale a rimettere in discussione le privatizzazioni invocando l'intervento dello Stato.

Ma al contempo si è rafforzato il capitalismo della sorveglianza, la mano invisibile (e neanche tanto se guardiamo in giro) della repressione che colpisce inesorabilmente le avanguardie e le lotte sindacali e sociali. Privatizzazione ed esternalizzazione, delocalizzazioni produttive sono stati inculcati nella nostra mente come alternativa alla inefficienza burocratica dello Stato, la pubblica amministrazione è diventata una sorta di buco nero con servizi, organici e salari da tenere sotto rigido controllo per impedire l'inflazione.

Intere generazioni hanno assimilato i luoghi comuni del liberismo predatorio, sono riusciti nell'intento di deideologizzare la classe lavoratrice facendo credere che il conflitto sia non una necessità ma solo un male da estirpare con ogni mezzo necessario, lo hanno fatto anche celebrando gli anniversari del '68 o del '77.

Al posto dei colpi di stato sanguinari degli anni Sessanta e settanta è arrivata la mano del Fmi che ha prodotto altrettanti morti sotto forma di politiche economiche e sociali imposte attraverso aiuti interessati, soldi destinati a paesi che poi sono finiti a pagare il debito contratto con prestiti ad usura. Il capitalismo predatorio delle privatizzazioni non si discosta poi molto dal capitalismo di fine Ottocento, con la differenza che prima di affermarsi hanno provato a delegittimare il conflitto di classe.

Trascorsi i 30 anni delle privatizzazioni, i 30 anni ingloriosi del neoliberismo, oggi si fa strada la rinazionalizzazione la ri-municipalizzazione dei servizi dopo l'evidente fallimento dei processi che si annunciavano liberatori ma che invece hanno solo prodotto l'arricchimento dei capitali e l'impoverimento sociale.

Siamo davanti a un ulteriore processo di ristrutturazione che investirà la nozione di pubblico, il welfare, il lavoro e la stessa contraddizione tra capitale e lavoro. E rispetto a questi scenari corriamo il rischio di cadere vittime dell'ideologia dominante che presto lascerà i dogmi delle privatizzazioni per chiedere alla classe lavoratrice nuovi sacrifici atti a rilanciare il ruolo del pubblico che poi pubblico non sarà almeno nella definizione propria del termine.

Non a caso si vanno affermando processi di rafforzamento di sanità e previdenza integrativa, in Italia si continua ad investire nella politica dei bonus secondo quell'antico vizio clientelare che prova a salvarsi costruendo sempre nuovi compromessi sociali.

Sacrifici sotto altra forma ma tutti indirizzati a salvare Monsieur capitale, da qui la necessità di comprendere bene i processi in atto e di affermare con chiarezza gli obiettivi della classe lavoratrici, gli strumenti del conflitto del lavoro contro il capitale.

Buon 2020 a tutti e l'augurio di conquistare una autonomia di pensiero presupposto necessario per una iniziativa radicale e dirompente

(Foto. Cile Santiago, Plaza de la dignidad – Capodanno 2020)

Redazione pisana di Lotta Continua

 

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